Dialogo e amicizia sociale
Papa Francesco all’inizio del capitolo sesto dell’enciclica Fratelli tutti dispiega i verbi che esprimono il senso del dialogo: “Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto”...
Papa Francesco all’inizio del capitolo sesto dell’enciclica Fratelli tutti dispiega i verbi che esprimono il senso del dialogo: “Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto” (Ft, 198). Di fatto il dialogo rende possibile mettere in comune le risorse di tutti e di tutte le culture. Certo, il dialogo non va confuso con monologhi o scambio di opinioni o dibattiti sui media che manipolano spesso l’incontro. Purtroppo, là dove viene a mancare il dialogo prevalgono gli interessi e i vantaggi del potere. Il dialogo invece tende a “rispettare il punto di vista dell’altro” (Ft, 203), dal quale c’è sempre qualche cosa da ricevere. Le stesse differenze di pensiero generano positività per tutti: “Le differenze sono creative, creano tensione e nella risoluzione di una tensione consiste il progresso dell’umanità” (Ivi). Nel dialogo si sviluppa la comunicazione delle discipline che fanno vedere la realtà da diversi punti di vista. Strumenti utili al dialogo sono certamente i media in genere e in particolare internet, scongiurando il pericolo che “il mondo digitale sia progettato per sfruttare la nostra debolezza e tirare fuori il peggio della gente” (Ft, 205). Di certo però il dialogo esige una cultura amante della verità oggettiva e di principi universalmente validi (Cfr. Ft, 206) e non può affidarsi al relativismo che ne è la sconfessione. Occorre, osserva il Papa, “smascherare le varie modalità di manipolazione, deformazione e occultamento della verità negli ambiti pubblici e privati. Ciò che chiamiamo verità non è solo la comunicazione di fatti operata dal giornalismo. È anzitutto la ricerca dei fondamenti più solidi che stanno alla base delle nostre scelte e delle nostre leggi” (Ft, 208). E precisa il fatto che “alcune verità non mutano, erano verità prima di noi e lo saranno sempre. Indagando sulla natura umana, la ragione scopre sempre valori che sono universali, perché da essa derivano” (Ivi). Diversamente, gli stessi diritti universali, riconosciuti come tali dalle istituzioni internazionali, verrebbero di fatto negati. Prevarrebbe la prepotenza dell’individualismo indifferente e spietato dei più potenti che impongono la loro verità (Cfr. Ft, 209). Invece, precisa il Papa, “di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l’ultimo dei miserabili sulla faccia della terra non fa alcuna differenza davanti alle esigenze morali” (Ivi). Purtroppo, oggi si equipara l’etica e la politica alla fisica, per la quale “non esistono il bene o il male in sé, ma solamente un calcolo di vantaggi e di svantaggi” (Ft, 210). Il diritto stesso altro non è se non “lo specchio delle idee dominanti” (Ivi). Siamo in una società pluralista. Il dialogo deve fondarsi su ragioni e argomenti razionali, pur se con orizzonti e prospettive diversi. Ma il dialogo porta a riconoscere verità fondamentali, che trascendono i singoli contesti, mai negoziabili, fondamenti sicuri per il riconoscimento della dignità di ogni persona umana (Cfr. Ft, 211-213).
A tal fine occorre far maturare e sviluppare “una cultura dell’incontro” (Ft, 215). In concreto, si tratta di “uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché il tutto è superiore alla parte. Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda… Da tutti si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo” (Ft, 215). Occorre allora “avviare processi di incontro” (Ft, 217), perché “la pace sociale è laboriosa, artigianale” (Ivi). Occorre “un patto culturale, che rispetti e assuma le diverse visioni del mondo” (Ft 219), anche quelle indigene, offrendo loro vie di promozione e di integrazione sociale (Cfr. Ft, 220). Il realismo dialogante deve prevalere sulla falsa tolleranza (Cfr. Ft, 221). Occorre superare quell’individualismo consumista per il quale gli altri sono solo degli ostacoli (Cfr. Ft, 222). Occorre sviluppare il senso della stima e del rispetto. Occorre un po’ di gentilezza e di benevolenza, ricorrendo spesso al “permesso, scusa, grazie” (Ft, 224).
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