Peccato e Misericordia
È pur vero che nell’Anno Giubilare della Misericordia l’attenzione è proiettata fortemente sulla Misericordia di Dio: Dio è Padre misericordioso, non giudice impietoso. Tuttavia, per prendere più limpida coscienza della verità e della potenza della Misericordia, è quanto mai opportuno riflettere sul senso del peccato. Comprendendone la gravità ci è dato di scorgere meglio la grandezza della Misericordia.
È pur vero che nell’Anno Giubilare della Misericordia l’attenzione è proiettata fortemente sulla Misericordia di Dio: Dio è Padre misericordioso, non giudice impietoso. Tuttavia, per prendere più limpida coscienza della verità e della potenza della Misericordia, è quanto mai opportuno riflettere sul senso del peccato. Comprendendone la gravità ci è dato di scorgere meglio la grandezza della Misericordia.
Se ci atteniamo anche semplicemente al Salmo 51, il Miserere, ne individuiamo l’identità. Tremenda. Drammatica. Così si esprime il salmista con le parole di Davide, dopo aver preso coscienza del proprio peccato: “Contro Te, contro Te solo, io ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto”. Davide, rientrato in se stesso, finalmente ha avuto il coraggio di porre il suo agire davanti a Dio. E mentre davanti ai propri occhi quell’agire – l’aver fatto uccidere in guerra Uria per avere preso in moglie sua moglie Bersabea – costituiva un atto fascinoso e allettante, persino un bene per lui, messo davanti agli occhi di Dio è apparso in tutta la sua gravità, al punto da fargli gridare: «Pietà di me».
In buona sostanza, non spetta all’uomo valutare positivo o negativo il proprio agire in base ai vantaggi o al danno che vi è connesso, ma a Dio che ha creato l’uomo su parametri suoi, divini, non manipolabili. Se, come i progenitori, l’uomo si sostituisce a Dio nella valutazione del bene e del male, nell’agire in modo difforme dal progetto di Dio sull’uomo degrada la sua stessa dignità di uomo e danneggia prima di tutto se stesso. Infatti, ogni peccato áltera l’essere stesso dell’uomo che per natura è relazione. Quando pecca, di fatto spezza la sua relazione o con Dio, o con il prossimo, o con la natura, o con se stesso, o con tutto, isolandosi nel proprio guscio di egoista. Di conseguenza, si svuota di quell’amore senza il quale l’uomo è inumano, sempre più impoverito come uomo.
A ben pensare, il peccato è una sfida a Dio, ritenuto in concreto un impedimento all’agire sbrigliato dell’uomo, che si lascia sedurre dagli istinti e dalle passioni, dando credito a colui che del peccato è il segreto stratega e l’assillante fomentatore, satana.
Chi invece ha mantenute intatte e perfette le relazioni con Dio, con gli uomini, con la natura, con se stesso? È il Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo. Lui ha realizzato in sé il nuovo umanesimo. E, con il suo Mistero Pasquale, attraverso il ministero della sua Chiesa, rende ogni uomo, che ne sia disponibile nella fede, capace di nuove relazioni. Anzitutto con il Padre, in quanto figlio nel Figlio nel dono dello Spirito Santo. Di conseguenza, con gli uomini, sui quali riversa l’amore di Dio in lui. Anche con la natura, pure creatura di Dio, entra in relazione “ecologica”. Solo allora l’uomo si trova in relazione positiva con se stesso.
Ma come avviene questo cambiamento, quello che denominiamo conversione, dentro l’uomo? Solo grazie a un intervento della gratuità dell’amore di Dio in noi, che definiamo Misericordia. La Misericordia sola è capace di farci ridiventare davvero uomini come ci ha creati Dio. L’uomo che sfida e rifiuta la Misericordia danneggia se stesso. La Misericordia è finalizzata alla miseria dell’uomo, come precisa Sant’Agostino, per fare dell’uomo il capolavoro della Misericordia.