La fede operosa obiettivo dell’Anno Giubilare
Se l’Anno Giubilare della Misericordia si risolvesse e si esaurisse in qualche gesto di carattere religioso, sarebbe fallimentare. I gesti religiosi hanno senso esclusivamente in un contesto di fede, come atti che la propiziano o come sua fruttificazione...
Se l’Anno Giubilare della Misericordia si risolvesse e si esaurisse in qualche gesto di carattere religioso, sarebbe fallimentare. I gesti religiosi hanno senso esclusivamente in un contesto di fede, come atti che la propiziano o come sua fruttificazione. Nell’Anno Giubilare tutto deve concorrere a far rinascere, rafforzare e maturare la fede cristiana autentica. Non a caso, la professione della fede con la recita del Credo è una delle condizioni per poter accogliere il dono dell’indulgenza.
Che cosa intendiamo per fede cristiana autentica? Intendiamo una vita di fede nel Mistero dell’Amore Trinitario di Dio. Essa coinvolge mente, cuore, volontà, scelte di vita, l’agire quotidiano. Essa è l’anima e la forma del vivere del cristiano che, anzitutto, si fida di Dio. È la prima condizione della fede. Ricordiamo tutti che il peccato originale e ogni altro peccato ha come radice esattamente la sfiducia in Dio: ci si rifiuta di far credito a Dio nel ritenere che ciò che ci segnala come nostro bene è davvero il nostro bene. Aver fiducia in Dio vuol dire ritenerlo degno di fiducia, in quanto mai ci inganna e, di conseguenza, fidarsi, senza ma e senza se, che ciò che ci segnala nella sua Parola, autenticamente interpretata dal Magistero, è realmente il nostro bene.
Se così stanno le cose, proprio nell’accordare fiducia a Dio, si mette in moto un dinamismo di relazione interpersonale che dice quanto di fatto la fiducia si sta radicando e consolidando. Chi ha fiducia di una persona cerca ogni buona occasione per mettersi in comunicazione con lei. Desidera e ama conversare con lei. In altre parole, si confida volentieri con lei, rendendola partecipe di quanto le passa per l’animo, in bene o in male e desidera ascoltare i suggerimenti e le indicazioni dell’altro. Nei confronti di Dio questo atteggiamento si concretizza e prende volto nella preghiera. Conversare con Dio, entrare nella sua logica, quella del Vangelo, confidare in Lui, nella sua vicinanza paterna e misericordiosa: ecco la preghiera di cui l’uomo ha bisogno per il suo senso del vivere, qualunque sia la formulazione della preghiera, personale o comunitaria e liturgica. Non comunque espressione di pura formalità e ritualismo. La preghiera è sempre relazione cuore a cuore. Nella verità della relazione.
Quando poi si sperimenta che la persona con la quale si entra in confidenza merita davvero tale fiducia da meritare la propria confidenza, altro non si desidera che affidare a lei la propria vita, come a un altro se stesso. Nei confronti di Dio si traduce così: a Dio affido la mia vita come a un Padre che si prende sicuramente cura di me, molto più di quanto me ne prenda io stesso. E, nello stesso tempo, mi impegno a vivere come Lui desidera, poiché se lo desidera Lui, lo desidera unicamente in quanto corrisponde al mio vero bene.
Va da sé, che a questo punto il quarto aspetto della fede consegue al naturale. Si tratta della fedeltà, che sigilla il valore e l’autenticità dei tre passaggi evidenziati: la fiducia, la confidenza, l’affidamento.
A onor del vero, questi quattro aspetti della fede trovano in Dio il loro modello assoluto: Dio ha fiducia dell’uomo, anche quando non lo merita; attraverso la sua Parola si confida con l’uomo; nell’Eucaristia si consegna nelle mani dell’uomo; Lui è il Dio fedele, che mai viene meno alla sua fedeltà all’uomo anche quando l’uomo la tradisce.
A questo punto, alimentare la fede diventa un bisogno del credente, per vivere in modo degno del suo essere uomo – il cui destino originario è quello di essere – e perciò di vivere di conseguenza, immagine e somiglianza di Dio.
Davvero un ottimo obiettivo sta davanti ai credenti per questo Anno Giubilare della Misericordia. Ne va della sua felicità autentica.