La santità feriale
Se tutti siamo chiamati alla santità, di fatto siamo chiamati a viverla nella ferialità, nella ordinarietà: “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito, di tua moglie […]. Hai autorità?
Se tutti siamo chiamati alla santità, di fatto siamo chiamati a viverla nella ferialità, nella ordinarietà: “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito, di tua moglie […]. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (GE 149). Ed è una santità che si costruisce non nel grandioso, ma negli umili e apparentemente insignificanti gesti di cui è intessuta la ferialità: “Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare e vengono le critiche. Ma questa signora dice dentro di sé: «No, non parlerò male di nessuno». Questo è un passo verso la santità” (GE 16).
Di conseguenza, la via della santità non stravolge il vivere nella quotidianità, mirando a compiere soltanto azioni mirabolanti. E papa Francesco esemplifica presentando la straordinaria esperienza fatta in carcere dal vietnamita che poi fu fatto cardinale, Van Thuan, in quale così si esprimeva: «Vivo il momento presente, colmandolo di amore [...] afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario» (GE 17). Papa Francesco precisa poi un pensiero che riprenderà e approfondirà successivamente: la santità non è frutto di autosufficienza, ma della grazia di Dio di cui siamo chiamati ad essere buoni amministratori (cfr. GE 18). Per papa Francesco, una cosa è certa, come ammonisce l’apostolo Paolo: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1 Ts 4,3). Anzi, la santità diventa la missione di ogni cristiano: “Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo” (GE 19). Non è tuttavia pensabile una santità autocentrata. In effetti il Santo per eccellenza è Gesù Cristo. Perciò: “la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua vita. Consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale, nel morire e nel risorgere continuamente con Lui” (GE 20).
Dunque, se si è decisi a percorrere la via della santità, è necessario focalizzare l’attenzione su Cristo, come già aveva sottolineato papa Benedetto XVI: “Il disegno del Padre è Cristo, e noi in Lui. Pertanto la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua” (GE 21). A questo punto il Papa fa una precisazione: anche nella vita dei santi non tutto è luce ed esemplarità. I santi vanno considerati nell’insieme della loro vita, mediante la quale hanno lasciato un messaggio (cfr. GE 22). Di conseguenza: “Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una missione [...]. Permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi. – E conclude con una forte esortazione paterna sotto forma di invocazione al Cielo – Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita” (GE 24).
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