La morte di Monica e la preghiera di Agostino
Muore Monica a soli cinquantacinque anni, tutta assorbita nel pensiero della vita eterna: “A noi che le chiedevamo se non temesse di lasciare il suo corpo così lontano dalla sua città, disse: «Niente è lontano da Dio e non c’è da temere che Lui non conosca alla fine del mondo donde risuscitarmi». Pertanto, il nono giorno della sua malattia, nel cinquantaseiesimo anno della sua età, nel trentatreesimo della mia età, quell’anima religiosa e pia, fu sciolta dal corpo”.
Muore Monica a soli cinquantacinque anni, tutta assorbita nel pensiero della vita eterna: “A noi che le chiedevamo se non temesse di lasciare il suo corpo così lontano dalla sua città, disse: «Niente è lontano da Dio e non c’è da temere che Lui non conosca alla fine del mondo donde risuscitarmi». Pertanto, il nono giorno della sua malattia, nel cinquantaseiesimo anno della sua età, nel trentatreesimo della mia età, quell’anima religiosa e pia, fu sciolta dal corpo”.
A oltre dieci anni dall’evento, Agostino ricorda i suoi gesti e i suoi sentimenti, unitamente a quelli del figlio Adeodato. Evidenzia soprattutto i sentimenti di quel bambino che viveva ancor in lui: “Io le chiudevo gli occhi e nel mio cuore confluiva una grande mestizia e trasfluiva in lacrime... Allora però, come emise l’estremo respiro, Adeodato che era ancora un ragazzo, si mise a gridare nel pianto e costretto da tutti noi (a smetterla) tacque. In tal modo anche quel certo che di ragazzino che c’era in me e che si scioglieva in pianto, veniva trattenuto dalla voce adulta del cuore e taceva”.
Anche per Agostino fu laborioso il risanamento dal suo dolere per la perdita di sua madre: “Quando poi il corpo fu sepolto, andiamo e ritorniamo senza lacrime... ma tutto il giorno ero segretamente molto mesto e con la mente turbata pregavo Te, come ne ero capace, di trovare il modo con cui risanare il mio dolore”.
Dopo aver effuso i propri sentimenti di dolore, Agostino sente il bisogno di elevare la sua preghiera al Dio della Misericordia per Monica: “Ed ora con il cuore già risanato da quella ferita, nella quale il mio affetto carnale poteva essere redarguito, effondo a Te, Dio nostro, ben altro genere di lacrime per quella tua serva... guai alla vita degli uomini anche se lodevole, qualora, abbandonata la misericordia, Tu la esamini! In verità solo perché Tu non vai in cerca dei nostri peccati con impazienza, abbiamo speranza, animata da fiducia, di avere un posto presso di Te. Chi poi enumera i veri meriti suoi, che cosa enumera se non i benefici tuoi?”.
Pur consapevole che sua madre era vissuta santamente, Agostino riconosce che anche in lei non c’era la perfezione assoluta: “So che (mia madre) ha operato con misericordia e con il cuore ha rimesso i debiti ai suoi debitori: anche Tu rimetti a lei i suoi debiti”.
Agostino ancora una volta fa risaltare l’umiltà di sua madre: “E, lo credo, già Tu hai fatto ciò che Ti sto chiedendo. In effetti, nell’imminenza del giorno della sua morte non pensò che fosse sepolto il suo corpo in modo sontuoso o che fosse imbalsamato con aromi o non bramò un sepolcro di rilievo, o di avere un sepolcro in patria: non ci ha dato questi ordini, ma soltanto desiderò che si facesse memoria di lei al tuo altare, al quale aveva servito ogni giorno senza interruzione”.
E conclude i nove libri delle Confessioni, nel loro tratto narrativo, prima di inoltrarsi in riflessioni filosofiche negli ultimi quattro libri, con una preghiera tutta vibrante misticismo, carica di affetto filiale per entrambi i genitori collocati insieme sull’orizzonte dell’eternità beata: “Pertanto sia nella pace con suo marito, prima del quale e dopo il quale non è andata in sposa a nessuno; l’ha servito offrendo a Te come un frutto la sopportazione, al fine di guadagnare anche lui a Te... Quanti avranno modo di leggere queste pagine si ricordino al tuo altare di Monica, tua serva, assieme a Patrizio, un tempo suo coniuge, per mezzo della cui carne mi hai introdotto in questa vita. In che modo, non lo so”.
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