L’ecologia integrale, tra dignità del lavoro e biotecnologie
Come già san Giovanni Paolo II aveva scritto nell’enciclica Laborem exercens, l’uomo è stato posto nell’Eden per custodire e per coltivare la terra. A tale riguardo, con molta perspicacia l’enciclica Laudato si’ precisa: “L’intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prendersene cura, perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere le potenzialità che Egli stesso ha inscritto nelle cose” (124). Di fatto, qual è il senso e la finalità dell’attività umana?
Come già san Giovanni Paolo II aveva scritto nell’enciclica Laborem exercens, l’uomo è stato posto nell’Eden per custodire e per coltivare la terra. A tale riguardo, con molta perspicacia l’enciclica Laudato si’ precisa: “L’intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prendersene cura, perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere le potenzialità che Egli stesso ha inscritto nelle cose” (124). Di fatto, qual è il senso e la finalità dell’attività umana? Principalmente quella di trasformare l’esistente, ponendosi in relazione con esso, cioè con l’altro da sé (cf 125). Prendendo come esempio di sano rapporto con la natura la regola di San Benedetto “Ora et labora”, sperimenteremmo come “tale maniera di vivere ci rende più capaci di cura e di rispetto verso l’ambiente, impregna di sana sobrietà la nostra relazione con il mondo” (ivi).
Quando però l’uomo, che in sé “è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale” (127), perde il senso della contemplazione e del rispetto, tutto viene stravolto. Il lavoro resta una priorità (cf ivi); è una necessità per la realizzazione personale (cf 128). Di conseguenza anche l’aiuto economico dato ai poveri deve avere carattere di provvisorietà: “Il vero obiettivo dovrebbe essere sempre di consentire loro una vita degna mediante il lavoro” (ivi). Purtroppo il costo del lavoro sta tagliando posti di lavoro “sostituito dalle macchine” (128). Ma a lungo andare ciò si tradurrà in un boomerang: “Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società” (ivi). Al fine di favorire l’occupazione “è indispensabile promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale” (129). Vanno pertanto governate e sottoposte a doverosi limiti le economie di scala che costringono i piccoli proprietari a svendere i loro terreni (cf ivi). L’enciclica sferza le politiche che favoriscono la riduzione dell’occupazione mentre esalta l’attività imprenditoriale “se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune” (ivi).
Precisa ancora l’enciclica il fatto che l’uomo può mettere mano alla creazione per ricavarne mezzi di dignitosa sussistenza, ma non gli è lecito “far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. Qualsiasi uso e sperimentazione esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione” (130). Ricorda poi come “ogni intervento in un’area dell’ecosistema non possa prescindere dal considerare le sue conseguenze in altre aree” (131). Va da sé allora che è assai rischioso inoltrarsi in “una indiscriminata manipolazione genetica” (ivi). Occorre forte senso di responsabilità per “riconsiderare gli obiettivi, gli effetti, il contesto e i limiti etici di tale attività umana che è una forma di potere con grandi rischi” (ivi).
Ecco l’idolo della biotecnologia! Capace di mutazioni genetiche! L’enciclica afferma: “È legittimo l’intervento che agisce sulla natura per aiutarla a svilupparsi secondo la sua essenza, quella della creazione, quella voluta da Dio” (132). E gli Ogm? L’enciclica fa le doverose distinzioni. Ricorda che in natura i processi dei mutamenti “hanno un ritmo lento” (133). L’Ogm è questione di carattere complesso (cf 135). Può portare anche vantaggi, benché ancora non siano evidenti le ricadute sulla salute dei cereali transgenici (cf 134), che vanno messi nel conto. Comunque, non va sottaciuto il fatto che molte terre vengono assorbite dai latifondisti, costringendo lavoratori precari e salariati ad emigrare in miserabili insediamenti urbani; né il fatto che “l’estendersi di queste coltivazioni distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione […]. Si riscontra una tendenza allo sviluppo degli oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione, e la dipendenza si aggrava se si considera la produzione di semi sterili, che finirebbe per obbligare i contadini a comprarne dalle imprese produttrici” (ivi).
Infine l’enciclica stigmatizza l’incoerenza dei movimenti ecologisti, i quali, mentre difendono l’integrità dell’ambiente e il rispetto per gli animali, lasciano campo libero agli “esperimenti con embrioni umani vivi” (136). E conclude molto opportunamente: “La tecnica separata dall’etica difficilmente sarà capace di autolimitare il proprio potere” (ivi).