L’Eucaristia, il Mistero della fede dalle lontane radici
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica all’Eucaristia ben 83 paragrafi. Del resto, se di fatto l’Eucaristia è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (CCC 1324, riprendendo testi famosi del Concilio Vaticano II) e “il compendio e la somma della nostra fede” (CCC 1327), non ci è difficile rendercene conto.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica all’Eucaristia ben 83 paragrafi. Del resto, se di fatto l’Eucaristia è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (CCC 1324, riprendendo testi famosi del Concilio Vaticano II) e “il compendio e la somma della nostra fede” (CCC 1327), non ci è difficile rendercene conto.
Il Mistero della fede, qual è l’Eucaristia, non è un evento improvvisato. Sia pure con la scienza del dopo, siamo in grado di intercettarne varie prefigurazioni o simboli e persino dei preludi e dei preannunci.
Anzitutto le prefigurazioni, contenute nella Sacra Scrittura. La prima, segnalata dal Catechismo (§ 1333) è quella del misterioso re e sacerdote del Dio Altissimo di cui parla il libro della Genesi, Melchisedek, il quale “offrì pane e vino” a Dio in presenza di Abramo, da lui poi benedetto (cf Gen 14,18-20). Una seconda prefigurazione, a tutti nota, è quella del pane azzimo “che Israele mangia ogni anno a Pasqua, commemorando la fretta della partenza liberatrice dall’Egitto” (CCC 1334). Alla prefigurazione del pane azzimo, proprio nel contesto pasquale, va aggiunto l’agnello pasquale con il cui sangue furono salvati gli Ebrei dall’angelo distruttore (cf Es 12,1-14); quell’agnello davvero è prefigurazione di Cristo Eucaristia, secondo la parola stessa di Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54; cf anche Gv 1,29). Va ricordata poi senza dubbio la manna (cf Es 16; Nm 11,4-9; cf CCC 1334), evocata come prefigurazione da Cristo stesso nel discorso di Cafarnao (cf Gv 6,49). Da tenere presente che “il ricordo della manna nel deserto richiamerà sempre a Israele che egli vive del pane della Parola di Dio” (CCC 1334; Dt 8,3). Ci permettiamo infine di segnalare come riferimento prefigurativo anche il pane di cui per tre volte si è nutrito Elia nel deserto, di tale energia da consentirgli di riprendere il cammino fino al monte di Dio, l’Oreb (cf 1Re 19,1-8).
Abbiamo parlato anche di simbolismo. E ci riferiamo evidentemente a quel “pane e vino” che esprimono la bontà della creazione al punto da essere assunti come segno sacramentale dell’Eucaristia: frutto della terra e frutto della vite e del lavoro dell’uomo (cf CCC 1333); per il mondo ebraico il pane era il frutto della terra promessa, pegno della fedeltà di Dio e “il calice della benedizione” che concludeva la cena pasquale era il segno della festa del banchetto escatologico, cioè nel Regno definitivo di Dio (cf CCC 1334).
Preludi dell’Eucaristia, cioè realtà che in qualche modo preannunciano la sua istituzione, come l’aurora preannuncia il giorno, sono anzitutto le Nozze di Cana, dove viene annunciata “già l’Ora della glorificazione di Gesù, che manifesta il compimento del banchetto delle nozze nel Regno del Padre” (CCC 1335), ma anche i miracoli della moltiplicazione dei pani e dei pesci, narrati sia dai Sinottici (Matteo e Marco) sia da Giovanni. E che dire delle parabole del banchetto e dei banchetti di Gesù con i peccatori?
L’evangelista Giovanni infine ne dà un esplicito annuncio al capitolo sesto del suo Vangelo, quando passa dal riferimento al pane di vita al riferimento esplicito alla sua carne da mangiare e al suo sangue da bere, condizione necessaria per avere la vita eterna. Non a caso l’evangelista Giovanni non sentirà nemmeno il bisogno di narrare l’Istituzione dell’Eucaristia nell’ultima Cena. E ha deciso di sostituirla con la lavanda dei piedi, che ne svela il significato profondo: essere a totale servizio dell’uomo, di cui purificare il cuore.