Condiscepoli di Agostino
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I segreti biblici sulla creazione

Papa Francesco dedica il secondo capitolo dell’enciclica Laudato si’ (nn. 62-100) all’apporto che la Parola di Dio offre al fine della salvaguardia del creato. Offre una luce singolare di comprensione e di sollecitazione alla sua valorizzazione e al suo rispetto che la ragione da sola non è in grado di attivare...

Parole chiave: Zenti (32), Parliamoci da cristiani (6), Laudato si' (24)

Papa Francesco dedica il secondo capitolo dell’enciclica Laudato si’ (nn. 62-100) all’apporto che la Parola di Dio offre al fine della salvaguardia del creato. Offre una luce singolare di comprensione e di sollecitazione alla sua valorizzazione e al suo rispetto che la ragione da sola non è in grado di attivare.
Interessante il punto di partenza. Prima di inoltrarsi nella questione ecologica in riferimento alla natura nel suo insieme e al rapporto che l’uomo è chiamato a tenere nei suoi riguardi, l’enciclica focalizza l’attenzione sull’uomo, in vista e a servizio del quale la creazione ha ragione d’essere. Proprio dopo aver creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, Dio poté compiacersi con se stesso, per aver dato vita ad essere che sono persone, non cose, sono “qualcuno” non “qualcosa”. Non solo, ma il rapporto con ogni persona umana Dio ce l’ha da sempre: “Il Creatore può dire a ciascuno di noi: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto». Siamo stati concepiti nel cuore di Dio e quindi «ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario»” (65), eco della lettera ai Romani: “Quelli che da sempre Dio ha conosciuto” (Rm 8,29) e della lettera agli Efesini: “In Cristo Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,4).
Secondo i racconti biblici “l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra” (66). Ma a causa del peccato queste tre relazioni si sono rotte. La stessa “relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è trasformata in un conflitto” (ivi). L’uomo è il coltivatore e il custode della terra che ci precede, non il dominatore e distruttore (cf 67): “Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo” (68). Di conseguenza, “mentre possiamo fare un uso responsabile delle cose, siamo chiamati a riconoscere che gli altri esseri viventi hanno un valore proprio di fronte a Dio e «con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria». […] «Si potrebbe parlare di priorità dell’essere rispetto all’essere utili»” (69). La triste storia, simbolica, di Caino che uccide Abele sta ad indicare che “trascurare l’impegno di coltivare e mantenere una relazione corretta con il prossimo, distrugge la mia relazione interiore con me stesso, con gli altri, con Dio e con la terra. […] In questi racconti così antichi, ricchi di profondo simbolismo, era già contenuta una convinzione oggi sentita: che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri” (70). Un equilibrio segnato dalla Bibbia attraverso dei parametri religioso-sociali, come è il riposo sabbatico (lo Shabbat), e persino il riposo della terra nell’anno giubilare, ogni cinquant’anni (dopo sette settimane di anni), “anno del perdono universale e della «liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti»” (71); ciò per affermare che “il dono della terra con i suoi frutti appartiene a tutto il popolo” (ivi). Ma per raggiungere questo obiettivo, segnale di alta civiltà, simbolo di quanto oggi la politica stessa è chiamata a tenere presente per uscire dal guado della crisi socio-culturale-economica, almeno come fonte ispirativa, occorre riconoscere Dio come Padre creatore e unico padrone del mondo: “Non possiamo sostenere una spiritualità che dimentichi Dio onnipotente e creatore. In questo modo, finiremmo per adorare altre potenze del mondo, o ci collocheremmo al posto del Signore, fino a pretendere di calpestare la realtà creata da Lui senza conoscere limite” (75).

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