I démoni: mediatori tra idoli e uomini
Il tema di fondo del libro nono del De civitate Dei è la critica serrata nei confronti della demonologia pagana che riteneva i démoni come esseri mediatori tra gli dei e gli uomini. Agostino avvia la sua analisi della tematica di fondo, precisando che i pagani ritenevano impossibile comunicare direttamente con gli dei...
Il tema di fondo del libro nono del De civitate Dei è la critica serrata nei confronti della demonologia pagana che riteneva i démoni come esseri mediatori tra gli dei e gli uomini. Agostino avvia la sua analisi della tematica di fondo, precisando che i pagani ritenevano impossibile comunicare direttamente con gli dei. Occorrevano dunque degli esseri intermedi, “per portare dal basso le richieste e riportare dall’alto i favori accordati” (De civ. Dei, IX, 1). Così pensavano anche i platonici. Ecco allora i démoni. Agostino vuole indagare se i demoni sono tutti buoni o se ne esistono anche di cattivi, attingendo ovviamente dalle fonti letterarie e filosofiche degli stessi platonici. Mette subito in guardia dal lasciarsi ingannare dai demoni che allontanano dal Dio vero, “con il Quale solo, in Lui solo, da Lui solo l’anima umana, cioè ragionevole e intelligente, è felice” (De civ. Dei, IX, 2). Agostino attinge molte notizie dal neoplatonico Apuleio, che li descrive come corpi aeriformi, soggetti nella mente a tempestose passioni (Cfr De civ. Dei, IX, 3). A questo punto Agostino entra in un interessante argomento di natura psicologica: le passioni, o perturbazioni, o affezioni o affetti. platonici e aristotelici affermano che esse possono convivere anche con i saggi. Al contrario, gli stoici, protesi esclusivamente verso la virtù come regola morale, rifiutano di considerane le passioni come un bene (Cfr De civ. Dei, IX, 4, 1). In proposito, lo storico Aulo Gellio, buon letterato e di vasta cultura, nella sua opera famosa Le notti attiche, riporta un suo pensiero ritenendo che la coscienza del saggio sa discernere le cose che si devono desiderare o evitare secondo ragione, mentre la coscienza dell’insipiente cede alle passioni (Cfr De civ. Dei, IX, 4, 2). Ad Agostino interessa però precisare nel quadro della dottrina cristiana il significato e il valore delle passioni. Afferma che le passioni devono essere sottomesse alla mente e, a sua volta, la mente all’ordine e al soccorso di Dio (Cfr De civ. Dei, IX, 5). Inoltre “nell’insegnamento cristiano non ci si chiede se l’animo va in collera, ma perché; non se è triste, ma perché” (Ivi). Condivide il concetto di compassione intesa come misericordia, espresso da Cicerone, ma è contrariato dagli stoici: “D’altra parte, che cos’è la misericordia se non una certa qual compassione nel nostro cuore per la situazione miserevole altrui, grazie alla quale ci sentiamo sospinti a venire loro incontro nei limiti delle possibilità?” (Ivi). Fatte queste puntualizzazioni sulle passioni umane, Agostino le considera in rapporto ai démoni intermediari tra gli dei e gli uomini, la cui mente è agitata dal mareggiare delle passioni, persino dalle varie forme di libidine, paura, ira (Cfr De civ. Dei, IX, 6). Lo sostiene anche Apuleio, il quale si rifà ai poeti che favoleggiano sugli dei e sui demoni. Così Apuleio definisce i demoni: “I demoni nel loro genere sono esseri animati, soggetti alle passioni nell’animo, razionali nella mente, aerei nel corpo, eterni per quanto riguarda il tempo” (De civ. Dei, IX, 8). Al loro confronto, è il pensiero interessante di Apuleio, gli uomini sono assai differenti, in quanto sono “capaci di pensiero, dotati di parola, dall’animo immortale, dall’organismo soggetto alla morte, dallo spirito soggetto al piacere e al dolore, dal corpo inerte e schiavo, dalla condotta morale diversificata, dalla identica inclinazione all’errore, dalla inflessibile audacia, dalla invincibile speranza, dall’inutile affaticarsi, dalla fortuna caduca, mortali individualmente, perenni universalmente come razza, vicendevolmente mutabili per rigenerare la prole, fugaci nel tempo, dalla sapienza tarda, dalla morte rapida, abitano la terra con una vita lamentosa” (De civ. Dei, IX, 8). Di qui l’invettiva di Agostino: “Che razza di mediatori tra gli uomini e gli dei sono i demoni, tanto che per loro mezzo gli uomini debbano aspirare all’amicizia con gli dei, se la parte più perfetta in un vivente, cioè l’animo, l’hanno meno perfetta rispetto agli uomini, e la parte meno perfetta, cioè il corpo, l’hanno più perfetto, assieme agli dei?” (De civ. Dei, IX, 9).
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