Confronto tra la città di Dio e la città terrena
Nell’introduzione e nella prefazione a La Città di Dio Agostino aveva già precisato l’intento della sua grandiosa opera: quello di confutare l’accusa dei pagani nei confronti dei cristiani ritenuti colpevoli della distruzione di Roma per opera del barbaro Alarico...
Nell’introduzione e nella prefazione a La Città di Dio Agostino aveva già precisato l’intento della sua grandiosa opera: quello di confutare l’accusa dei pagani nei confronti dei cristiani ritenuti colpevoli della distruzione di Roma per opera del barbaro Alarico. La ragione era sulla bocca di tutti: i cristiani avevano abolito il culto degli dei che da sempre avevano protetto Roma e gli dei si erano vendicati. Agostino non sta all’accusa. Passa al contrattacco: in realtà Roma è caduta perché erano decaduti i costumi civili, mentre con l’avvento del cristianesimo si stava costruendo una nuova civiltà sulle macerie di quella romana. Confuta pertanto la forza civilizzatrice dell’idolatria e contesta le malvagità dei pagani perpetrate contro i cristiani. È quanto fa nei primi cinque libri. A cominciare dal primo, sul quale sosteremo abbastanza a lungo, utilizzando testi significativi scelti antologicamente.
Fin dall’inizio del primo libro Agostino chiarisce le posizioni. Ricorda che tra i pagani alcuni nel frattempo si sono fatti cristiani, mentre altri sono rimasti feroci avversari del cristianesimo. Eppure, precisa Agostino, se fossero onesti dovrebbero riconoscere che durante l’invasione dei barbari, che stavano saccheggiando e mettendo a ferro e fuoco Roma, si sono risparmiata la vita dalla ferocia dei barbari proprio nel trovare rifugio, persino fingendosi cristiani, nei luoghi sacri dei cristiani, rispettati anche dai barbari di Alarico, che comunque aveva un sottofondo di religiosità, di stampo ariano, credenti, almeno alla base, in Cristo come un grande uomo: “Da questa [città terrena] provengono infatti i nemici, contro i quali va difesa la città di Dio. Tra di loro, tuttavia, corretto l’errore dell’iniquità, molti diventano in essa [nella città di Dio] cittadini abbastanza idonei. Al contrario, molti sono accesi di grandi fiamme di manifestazioni di odio e sono ingrati ai manifesti benefici del loro Redentore. Proprio loro che oggi non muoverebbero le lingue contro di essa, se non avessero trovato la vita, di cui si insuperbiscono, nel fuggire la spada dei nemici nei luoghi sacri. Non sono forse ostili al nome di Cristo anche quei romani che sono stati risparmiati dai barbari nel nome di Cristo?… Così scamparono molti di quelli che denigrano i tempi cristiani e i mali che ha patito quella città [Roma] li imputano a Cristo… In realtà, dovrebbero attribuire ai tempi cristiani, per cui dovrebbero ringraziare Dio, il fatto che barbari truculenti li hanno risparmiati al di fuori dell’usanza delle guerre, ovunque sia grazie al nome di Cristo sia nei luoghi esclusivamente dedicati al nome di Cristo e molto spaziosi e per una più larga misericordia scelti per contenere una moltitudine. E per sfuggire le pene del fuoco eterno dovrebbero correre con sincerità al suo nome, che in molti di loro da mentitori hanno usurpato per sfuggire le pene del presente massacro. Infatti, coloro che vedi insultare i servi di Cristo con insolenza e sfrontatezza, tra di essi ce ne sono moltissimi che non sarebbero sfuggiti da quel massacro e da quella strage se non si fossero finti servi di Cristo. Ed ora per ingrata superbia e per empia follia fuori di ogni misura con cuore perverso, per essere puniti con le tenebre eterne, si oppongono al suo nome, nel quale si sono rifugiati persino con parole subdole, pur di fruire della luce del tempo” (De Civitate Dei, 1,1).
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