Agostino retore ingannato e ingannatore
Prima di riprendere la narrazione delle avventure che lo avrebbero visto protagonista ancora una volta a Cartagine, Agostino sosta in riflessione, da Vescovo, per dare ragione alla certezza che portava in cuore, del fatto cioè che, nonostante il suo traviamento morale e religioso, Dio, nel suo Verbo fatto carne, mai lo aveva abbandonato: “La nostra stessa Vita (il Figlio di Dio) discese quaggiù e ha preso su di sé la nostra morte e l’ha uccisa attingendo le risorse dall’abbondanza della sua vita...
Prima di riprendere la narrazione delle avventure che lo avrebbero visto protagonista ancora una volta a Cartagine, Agostino sosta in riflessione, da Vescovo, per dare ragione alla certezza che portava in cuore, del fatto cioè che, nonostante il suo traviamento morale e religioso, Dio, nel suo Verbo fatto carne, mai lo aveva abbandonato: “La nostra stessa Vita (il Figlio di Dio) discese quaggiù e ha preso su di sé la nostra morte e l’ha uccisa attingendo le risorse dall’abbondanza della sua vita. E con voce tonante ci ha gridato di far ritorno da qui a Lui in quel luogo segreto da cui è proceduto per venire a noi per la prima volta nello stesso utero verginale, nel quale l’umana creatura ha celebrato le nozze con lui, divenuto carne mortale per non essere per sempre mortale. Di conseguenza, come sposo che procede dal suo talamo, quale gigante che percorre la via esultò di gioia. Non ritardò, ma accorse gridando con le parole, i fatti, la morte e la vita, l’incarnazione e l’ascensione, gridando che ritorniamo a lui”. Da notare che per la prima volta nelle sue opere Agostino fa riferimento a Maria nel cui utero si sono celebrate le nozze tra l’umanità e la divinità, nella Persona del Verbo fatto carne. Immagine certo ardita, ma vera ed efficace.
Riprende quindi il suo soggiorno a Cartagine come docente di retorica. Vi rimane nove anni, sempre soggiogato dal manicheismo, ingannato e ingannatore: “Durante il medesimo tempo dei nove anni, dal diciannovesimo al ventottesimo della mia età, ci lasciavamo sedurre e seducevamo, ingannati e con l’intento di ingannare nella varietà dei desideri... E seguivo queste pratiche (superstiziose) e le facevo con i miei amici per quelli che si lasciavano ingannare con me e per mezzo mio... Che cosa sono io senza di Te, (Signore), se non un comandante sconsiderato?”.
A Cartagine dunque insegnava retorica. E guadagnava bene. Nel frattempo, nel suo vagare per la città in cerca di esperienze sessuali, trovò una donna del popolo con la quale convivrà, in fedeltà, per 14 anni; da lei avrà un figlio, Adeodato: “In quegli anni insegnavo l’arte della retorica e, vinto dalla cupidigia, vendevo la mia loquacità (sempre) vittoriosa... In quegli anni tenevo con me una sola (donna), con la quale avevo rapporti coniugali, non secondo quanto legittimamente si chiama coniugio, ma che il mio ardore vagabondo privo di prudenza aveva scovata; tuttavia una sola e per di più servandole la fedeltà del letto”. Ma, nella sua riflessione, prosegue con acutezza: “In questo rapporto ebbi però la prova, per esperienza personale, della differenza che c’è tra il legame coniugale contratto al fine di procreare figli e la complicità di un amore dissoluto, da cui la prole nasce anche contro volontà, benché, una volta nata, obblighi ad amarla”.
Agostino aggiunge anche qualche altra sua esperienza. Ad esempio, evidenzia la sua incorruttibilità di fronte a proposte non lecite. Fu il caso in cui “avendo deciso di partecipare ad una gara di poesia teatrale, non so quale aruspice mi fece chiedere quale ricompensa fossi disposto ad offrirgli per farmi vincere. E io che detestavo e aborrivo quei riti turpi gli risposi che non avrei permesso che si uccidesse neppure una mosca per la mia vittoria, neppure nel caso che quella corona fosse stata d’oro incorruttibile. Infatti, nei suoi sacrifici si accingeva ad uccidere animali, con l’intenzione di attirare i favori dei demoni con quei sacrifici”. Ma poi annota: “Tuttavia, proprio io che mi rifiutavo che per me si facessero sacrifici ai demoni, sacrificavo me stesso a loro”.
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