Giunto ormai alla conclusione del trattato sulla Trinità, Agostino indugia sull’identità dello Spirito Santo, definito propriamente l’amore tra il Padre e il Figlio, cosa già precedentemente evidenziata quando aveva definito la Trinità in questi termini: “Colui che ama, ciò che è amato, l’Amore” (“Amans, quod amatur, amor”)...
Il volto di Dio Trinità va sempre cercato dal credente, come sollecita a fare il salmista: “Si rallegri il cuore di coloro che cercano Dio: cercate Dio e siate forti; cercate sempre il suo volto” (Sal 104,3-4)
Sta per aprirsi davanti a noi la Settimana Santa, nella quale la Liturgia celebra gli eventi della nostra salvezza, operata dal Mistero pasquale di Gesù Cristo
Agostino si chiede se il Mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio era assolutamente necessario ai fini della redenzione dell’umanità. Di certo no
Il retore Agostino è sempre molto preciso nella selezione della terminologia. Un termine non equivale all’altro, anche nel caso di sinonimia...
Alla ricerca dei segni che Dio ha lasciato nell’uomo del suo essere Trinità, in quanto creato a sua immagine, Agostino parte da un principio che sviscera in mille modi...
Se fino al libro ottavo del trattato sulla Trinità il linguaggio di Agostino è sufficientemente comprensibile, dal libro nono in poi ci imbattiamo in un percorso che richiede concentrazione e acutezza di mente...
Entrando nel libro nono del trattato sulla Trinità, Agostino indugia nel rintracciare nell’uomo i segni della presenza della stessa Trinità...
Agostino era più che mai convinto che dove si trovano segnali di carità, cioè di amore fraterno, lì si riscontrano le tracce della presenza della Trinità. Ne parla ad esempio nel Commento alla prima lettera di Giovanni...
Nel libro VIII, che fa da ponte tra la prima e la seconda sezione del trattato sulla Trinità, Agostino riprende in considerazione un pensiero a lui molto caro e assai radicato nella sua mente: “Prima di comprendere dobbiamo credere” (De Trinitate 8,5.8: “Prius autem quam intellegamus credere debemus”)...