Cinema
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Una storia di solidarietà resistente

Io, Daniel Blake
(GB, 2016)
regia: Ken Loach
con: Dave Johns, Hailey Squires
durata: 100’
Valutazione Cnvf: raccomandabile/problematico/dibattiti

Parole chiave: Io Daniel Blake (1)
Una storia di solidarietà resistente

Esce finalmente sugli schermi italiani l’ultimo lavoro di Ken Loach, regista di rara coerenza tematica e stilistica, ed è un altro film bellissimo e da non perdere.
La caratteristica del cinema di Loach, infatti, è quella di parlarci di realtà che potremmo incontrare anche uscendo fuori di casa nostra e di saperlo fare, insieme al fidatissimo sceneggiatore Paul Laverty, in modo al contempo poetico e convincente.
Questa è una storia di solidarietà resistente, in un mondo in cui sia la resistenza ai venti dominanti che l’avere atteggiamenti di fraternità nei confronti del prossimo sono comportamenti, per quanto fortunatamente molto più diffusi di quanto ci raccontano tv e giornali, quanto meno considerati fuori moda, se non addirittura oggetto di scherno e di dileggio.
Daniel Blake (Dave Johns) è un uomo di sessant’anni, vedovo, gran lavoratore e molto affezionato alle regole del vivere civile, che viene dichiarato inidoneo al lavoro dopo esser stato colpito da un infarto.
Per ottenere l’indennità di inidoneità deve affrontare trafile burocratiche al limite del grottesco, con l’ulteriore complicazione di doverlo fare molto spesso utilizzando internet, che non conosce quasi per niente.
In queste sue peregrinazioni si imbatte in Katie (Hailey Squires), giovane donna delle pulizie con due figli avuti da due diverse relazioni, che si sta praticamente consumando di lavoro per poter mantenere la famiglia.
Daniel avvierà una catena di solidarietà per aiutare Katie e i suoi ragazzi, incontrando molte indifferenze ma anche – ed è questa la dimensione più toccante, soprattutto in quanto non retorica, del film – molte persone disposte ad aiutare.
Come le grandi opere del neorealismo italiano, alle quali Ken Loach riconosce da sempre di essere debitore, il cinema del maestro inglese è cinema d’autore, perché costruito con uno stile ormai inconfondibile, e, nello stesso tempo, cinema popolare, perché forma e contenuto arrivano a chiunque con la stessa forza.
Daniel Blake rivendica, come nessuno di noi dovrebbe mai scordare di fare, la sua condizione di essere umano, irriducibile a qualsiasi torsione burocratica o autoritaria che volesse trasformarlo in una macchina, in un numero, in un’entità funzionale sostituibile in ogni momento da una perfettamente uguale e ugualmente consumabile.
Per questo, ci è fratello e vicino, anche solo come personaggio che sta su uno schermo.

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