Una spinosa questione dalla quotidianità
The Children Act – Il verdetto
(Gran Bretagna, 2017)
Regia: Richard Eyre
Con: Emma Thompson, Stanley Tucci
Durata: 105’
Valutazione Cnvf: complesso/problematico
In una recente conferenza tenuta a Verona la filosofa Chiara Zamboni, una delle intelligenze più lucide di questi tempi assai confusi, affermava che dare parola al dolore, di sé e degli altri, può essere pratica consigliata per uscire dall’immobilità e dalla depressione che può portare all’autodistruzione.
Il mestiere di scrittore, per definizione, è fatto proprio di parole che vengono offerte per sentirsi coinvolti, emozionarsi e riflettere su vicende che, per quanto immaginarie, hanno a che fare con la nostra vita di tutti i giorni.
Ian McEwan, ottimo scrittore inglese, scrisse nel 2014 La ballata di Adam Henry, che nel titolo originale, The Children Act, fa riferimento ad una specifica legge inglese sul benessere dei minori.
Partendo dallo stesso titolo originale, dedicandosi alla sceneggiatura del suo stesso romanzo, McEwan ha lavorato col regista Richard Eyre per mettere in scena un racconto tanto intenso sul piano umano quanto riuscito su quello cinematografico.
La storia è quella di Adam Henry (Fionn Whitehead), un ragazzo cresciuto in una famiglia di Testimoni di Geova che in fedeltà alla sua religione di origine non vuole sottoporsi ad una trasfusione di sangue che potrebbe salvargli la vita.
La giudice Fiona Maye (Emma Thompson) riceve l’incarico di esaminare il caso per deliberare su un eventuale trattamento obbligatorio. Ne viene talmente coinvolta che anche il rapporto col marito Jack (Stanley Tucci) ne risente. La decisione, terribilmente complicata, è quella che implica la scelta tra il rispetto delle convinzioni della persona e l’applicazione della legge.
Non sveleremo qui le conclusioni, anche se non si tratta di un giallo, perché il lavoro di scrittura, di regìa e di interpretazione è di un livello tale che rispondere all’interrogativo di base senza aver percorso la strada che porta alla soluzione significherebbe banalizzare scioccamente la vicenda.
Richard Eyre ha avuto una solidissima carriera di regista teatrale prima dell’esordio cinematografico che risale al 1983 con L’ambizione di James Penfield. Per mettere in scena il romanzo di McEwan ha scelto di lavorare con quanto di meglio ci sia sulla scena anglosassone, dirigendo dei campioni di recitazione come Emma Thompson e Stanley Tucci (ma tutto il cast è all’altezza della sfida) in una successione di sequenze drammatiche una più coinvolgente dell’altra.
Il grande cinema non corrisponde mai a imponenti racconti epocali o a fastose messe in scena. Anzi: molto spesso, come in questo caso, sono le storie della vita quotidiana, piccole in apparenza ma enormi nella sostanza, a offrire la possibilità di guardarci dentro guardando al di fuori.
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