Un remake non all’altezza dell’originale
Papillon
(Usa/Serbia/Montenegro/Malta, 2017)
Regia: Michael Noer
Con: Charlie Hunnam, Rami Malek, Roland Moller, Eve Hewson
Durata: 133’
Quando scarseggiano le idee, fioriscono i remake. Quasi sempre, sembra una legge non scritta, ma ad una minima analisi statistica il dato sarebbe confermato, non all’altezza delle versioni originali. Così, ad esempio, la rete televisiva americana Hbo produce una versione contemporanea di Fahrenheit 451 che non sfiora minimamente la qualità dell’originale di Francois Truffaut del 1966 (non il miglior film del maestro francese, ma una pellicola che ha i quindici minuti finali tra i più belli dell’intera storia del cinema).
Così, nella consueta pigra programmazione estiva delle sale italiane, esce un remake del Papillon di Franklin J. Schaffner, come quello tratto dal romanzo autobiografico di Henri Charrière, ma assolutamente non all’altezza.
L’impresa era temeraria, per la verità. Là il regista era un solidissimo artigiano del cinema d’avventura e di azione, qui un quasi esordiente. La sceneggiatura della versione originale era di un gigante della scrittura cinematografica come Dalton Trumbo (che si concesse anche un cameo interpretativo) e di Lorenzo Semple Jr., in questo caso ci ha lavorato con scarsa originalità Aaron Guzikowski. Nel film del 1973 gli interpreti erano Steve Mc Queen (nei panni del protagonista Henri Charrière , detto Papillon) e Dustin Hoffman (in quelli del suo miglior amico Louis Dega), qui recitano il quasi del tutto inespressivo Charlie Hunnam e il bravo Rami Malek, non aiutato da messa in scena e scrittura narrativa.
Il soggetto di partenza avrebbe fornito ottimo materiale per lo sviluppo drammatico. Un po’ come accade a Edmond Dantès in quello che è uno degli archetipi dei racconti di prigionìa, Il conte di Montecristo, evasione e vendetta, anche il giovane Henri Charrière viene accusato ingiustamente (di omicidio) e condannato alla reclusione (anche se pare che il racconto di Charrière non abbia lesinato fantasia e invenzione, rispetto al reale svolgimento dei fatti). La pena è l’ergastolo. Il luogo di detenzione, fra i peggiori che gli potessero capitare, il penitenziario dell’Isola del Diavolo, nella Guyana francese.
Tormenti della vita carceraria e tentativi di evasione si susseguono, non senza qualche sgradevolezza di troppo, perdendo di vista quello che era l’assunto principale del racconto sviluppato da Trumbo per il film di Schaffner: Papillon è un dolente canto all’insopprimibile ansia di libertà dell’essere umano, che raccoglie ogni sua risorsa, anche quando sembrano non essercene più, per riaffermare la propria dignità di persona.
Di tutto questo, ed è un verso peccato, non c’è quasi traccia nel film di Michael Noer.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento