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Se un gioco virtuale ti prende la mano...

Ready Player One
(Usa, 2018)
Regia: Steven Spielberg
Con: Tye Sheridan, Olivia Cook, Mark Rylance, Simon Pegg
Durata: 140’
Valutazione Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti

Parole chiave: Ready Player One (1), Cinema (103), Film (109)
Se un gioco virtuale ti prende la mano...

Steven Spielberg è un grande regista ma forse, a volte, fa troppe cose assieme. Il secondo film che esce in stagione a sua firma, dopo The Post, soffre un po’ di questa bulimia produttiva, anche se ha non pochi elementi interessanti.
Tratto dal romanzo di Ernest Cline, che si è dedicato anche alla sceneggiatura insieme a Zak Penn, Ready Player One racconta di un mondo del prossimo futuro nel quale a situazioni socioeconomiche sempre più critiche e disagiate fa riscontro una immersione quasi totale degli esseri umani nella realtà virtuale.
Così è anche per il giovane Wade Watts (Tye Sheridan), noto ai più col nome del suo avatar, Parzival, dato che vive praticamente in simbiosi con le consolle di gioco.
Wade, abitante come milioni di altri dell’immaginario mondo di Oasis – anche perché la sua realtà quotidiana si svolge invece in una squallidissima baraccopoli metropolitana – è impegnato nella sfida denominata “Il gioco di Anorak”, lanciata da James Halliday, mago dei videogames, da poco scomparso all’epoca dello svolgimento dei fatti. In palio c’è il controllo totale su Oasis, che naturalmente fa gola alle multinazionali dell’intrattenimento e della manipolazione.
La prima parte del film, che si svolge quasi tutta all’interno di Oasis, è quella un po’ più faticosa (almeno per gli adulti non competenti in materia, come chi scrive, tanto da consigliare di farsi accompagnare da qualche ragazzino che ne saprebbe certamente di più). Sono moltissime le citazioni da videogiochi e da film – in particolare degli anni Ottanta – che vengono disseminate qua e là. Ad un certo punto i concorrenti finiscono direttamente dentro Shining di Stanley Kubrick e l’interazione con la pellicola ha davvero molti momenti divertenti.
Quando poi, nella seconda parte, Spielberg si ricorda di essere stato il regista di E.T. e di aver prodotto, non senza qualche suo intervento anche come autore, sia Poltergeist che I Goonies, il film decolla in una appassionante contesa tra una agguerritissima banda di ragazzini e i giganti dell’economia digitale.
Dai tempi dei tempi è sempre molto più divertente e gratificante parteggiare per Davide e non per Golia e questa regola narrativa si conferma anche qui con una seconda parte, di un film forse un po’ troppo lungo, più interessante e valida dal punto di vista cinematografico.
Quando cioè, ed è forse il paradosso voluto di un’opera che sembrerebbe l’esatto contrario, la “realtà reale” prende il sopravvento su quella virtuale e gli esseri umani si riconoscono per quello che sono, limiti e difetti compresi, ma certo con molta più passione e affetto vero.

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