“Samba” mette al bando i luoghi comuni
Samba
(Francia, 2015)
regia: Eric Toledano, Olivier Nakache
con: Omar Sy, Charlotte Gainsbourg, Tahar Rahim, Izia Higelin
durata: 116 min.
Mentre nel canale di Sicilia proseguono viaggi della disperazione, tragedie di immense dimensioni e gesti di incommensurabile altruismo, proliferano, in particolare sul web, ma non solo, una serie infinita di dichiarazioni sciocche, ciniche, atroci e vergognose. L’unico respingimento ammissibile, come non smettono di ricordare papa Francesco e mille altre voci di un mondo che ha ancora il senso di ciò che conta e di ciò che è irrilevante, è quello del disumano, del non accogliente.
A molti di costoro farebbe bene occupare un paio d’ore per vedere questo bel film della coppia Toledano-Nakache, che già con Quasi amici avevano tratteggiato con toni di commedia i rapporti tra un ricco paraplegico e il suo badante di colore. Personaggio che era interpretato da Omar Sy, che qui è Samba Cissè, un giovane senegalese che da ben dieci anni vive, molto di controvoglia, in un centro di accoglienza nella periferia parigina. L’associazione alla quale l’uomo si rivolge per avere consulenza giuridica e aiuto nell’ottenere il permesso di soggiorno e non esser così espulso dalla Francia affida l’incarico ad Alice (Charlotte Gainsbourg), giovane donna di ottima estrazione sociale, in congedo lavorativo per sindrome da stress.
I due registi e la sceneggiatrice Delphine Coulin, che ha scritto anche il romanzo al quale il film è ispirato, conoscono molto bene il loro mestiere e sanno che due personaggi così collocati avrebbero potuto correre il rischio di indurre nello spettatore politicamente corretto una divisione manichea: il povero rifugiato buono da un lato, la ricca borghese annoiata cattiva dall’altro. Per fortuna non hanno operato una scelta così facile e facilona e il film ne trae giovamento, perché le psicologie complesse dei personaggi non possono che favorire dialettica narrativa e colpi di scena.
Senza eccedere sui toni drammatici, ma con una profondità di analisi delle situazioni sociali e di proposta del racconto più incisiva che nel precedente film, gli autori di Samba ci raccontano l’eterno confronto tra uomo e donna elevandolo al quadrato e al cubo, con l’aggiunta delle differenze di origine, di quelle di classe, di quelle esistenziali. Ne scaturisce un film che non perde quasi mai un colpo, ottimamente sorretto dalla coppia di protagonisti e da tutti gli interpreti dei personaggi di contorno. Non c’è facile riconciliazione col mondo, in Samba, perché il mondo è per molti di noi, compresi i caratteri descritti nell’opera, molto peggio di quando lo abbiamo trovato. Così si ride e ci si indigna, ma si pensa e si cerca di capire. Come dovremmo far tutti, sempre.