Sognando un mondo senza esperimenti nucleari. Basterebbe che alcuni Stati...
Da nativo degli anni Ottanta, ho conosciuto gli atolli del Pacifico a cavallo tra quella decade e la successiva, non attraverso viaggi intercontinentali – fisici o virtuali, entrambi impensabili allora – ma per le notizie del telegiornale...
Da nativo degli anni Ottanta, ho conosciuto gli atolli del Pacifico a cavallo tra quella decade e la successiva, non attraverso viaggi intercontinentali – fisici o virtuali, entrambi impensabili allora – ma per le notizie del telegiornale. Mi sono rimaste ben impresse le immagini che venivano trasmesse in particolare da Moruroa: non quelle di spiagge bianche e palme, capannine e barchette, ma i grandi funghi prodotti dai test nucleari francesi. Punta di un vulcano estinto, appartiene all’arcipelago Tuamotu che fu abitato da popolazioni indigene dall’VIII secolo, raggiunto dai primi europei nel XVI secolo e per lungo tempo dominato della dinastia Pomare di Tahiti, prima di divenire Polinesia francese. Dal 1963 al 1996 è stato teatro di 138 esplosioni atomiche, in atmosfera (soprattutto le prime) e nel sottosuolo (utilizzando il profondo vulcano), più potenti della bomba di Hiroshima. Non possiamo, però, illuderci che la questione dei test nucleari sia una cosa di un lontano passato (la Repubblica democratica popolare di Corea ne ha svolti sei tra il 2006 e il 2017) o contabilizzabile in pochi episodi (circa 2.000 quelli ufficiali), così come non possiamo limitarla a questo atollo e alla Francia. È tristemente famoso per gli Stati Uniti l’atollo di Bikini (recentemente dichiarato ancora insalubre e inabitabile), mentre l’Unione Sovietica fin dalla fine degli anni Quaranta aveva attivato il poligono nucleare di Semipalatinsk, nel bel mezzo della steppa kazaka. Le quasi 500 esplosioni lasciarono danni diretti in circa 200mila persone. Proprio la Repubblica del Kazakistan si è fatta promotrice di una Giornata internazionale contro i test nucleari, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2009. La data proposta e subito accettata – 29 agosto – è quella che commemora proprio la chiusura del sito di Semipalatinsk (1991). Dalla prima edizione del 2010 ad oggi, una grande e composita alleanza (governi, organizzazioni non governative, professori universitari, mass media, giovani, ecc.) stanno portando avanti numerose campagne di informazione ed educazione per mostrare da una parte il pericolo di questi esperimenti, dall’altra la sicurezza di un mondo denuclearizzato. Faro di questo cammino è il Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari adottato dall’Onu nel 1996. Subito accolto dall’Italia, non è ancora entrato in vigore per la mancata adesione di alcuni Stati (oggi si contano 184 firme e 168 ratifiche), tra cui quelli “vincolanti” ovvero che hanno capacità nucleari avanzate: India, Pakistan e Corea del Nord non hanno ancora firmato, mentre Cina, Egitto, Iran, Israele e Stati Uniti non hanno ratificato. In fiduciosa attesa, è comunque stato attivato il Sistema internazionale di monitoraggio, recentemente utilizzato per controllare l’incidentale dispersione di materiale radioattivo, il cambiamento climatico, i fenomeni meteorologici e l’aviazione civile, in modo da garantire ai futuri ragazzi solo immagini di vera bellezza.
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