La politica alla berlina grazie ai social
La7 sempre più è diventata l’emittente rifugio che propone ai telespettatori quello che la Rai considera non più in linea con il proprio progetto editoriale. Massimo Giletti, costretto a lasciare libero il pomeriggio domenicale di Rai 1 alle sorelle Parodi, ha traslocato sull’emittente di Urbano Cairo la sua Arena trasformandone platealmente il titolo in Non è l’arena.
La7 sempre più è diventata l’emittente rifugio che propone ai telespettatori quello che la Rai considera non più in linea con il proprio progetto editoriale. Massimo Giletti, costretto a lasciare libero il pomeriggio domenicale di Rai 1 alle sorelle Parodi, ha traslocato sull’emittente di Urbano Cairo la sua Arena trasformandone platealmente il titolo in Non è l’arena. La stessa cosa è avvenuta con Propaganda live, ovvero la riproposizione pressoché identica di Gazebo, programma in onda in onda su Rai 3 in seconda serata fino alla primavera scorsa. Qui, il conduttore Diego Bianchi, detto Zoro, si è visto promosso in prima serata e con più tempo a disposizione per commentare i fatti che riguardano principalmente la politica e l’attualità. In uno studio che lui stesso definisce «a metà tra vecchio cinema e nave corsara», in sostanza una specie di magazzino piuttosto scialbo, egli perennemente in jeans e t-shirt, fa un uso abbondante delle notizie che arrivano dai social media. Con in mano il pulsante, come quello degli ormai obsoleti proiettori di diapositive, è sempre pronto con la sua satira veloce a fermare e commentare in qualche punto particolare i filmati che manda in onda. Bianchi pare un insegnante che spiega ai suoi alunni quello che sta avvenendo in Italia ma anziché lasciare spazio libero alle domande in classe, legge in diretta i pareri che i suoi ascoltatori postano sugli account digitali della trasmissione. Il pubblico giovane cui si rivolge, infatti, adopera un linguaggio piuttosto sbrigativo e, a tratti, anche ruvido.
Il titolo di questa sua trasmissione rimanda allo stile urlato e retorico con cui i politici hanno già iniziato di fatto la campagna elettorale in vista delle elezioni della prossima primavera. Se la matrice culturale è facilmente riconducibile alle forze progressiste, è più difficile, tuttavia, avvicinare il programma a una ben determinata compagine dell’arco costituzionale. Il conduttore gioca a fare le pulci a tutti, senza mai cadere nel populismo, lontano da partigianerie di sorta. Si attiene ai fatti mettendo in risalto con i suoi interlocutori le contraddizioni dei politici. Più volte sollecita i presenti in studio all’applauso per sottolineare le sue freddure. Nella propaganda che Zoro mette alla berlina, coscientemente e con ironia ci s’infila anche lui, ben consapevole di proporre un modo fresco anche se non completamente approfondito per parlare di politica al di fuori dei soliti salotti televisivi.