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La Fondazione Arena e la stagione al Filarmonico: una questione di civiltà

“Fedez potrebbe festeggiare in Anfiteatro il suo primo anniversario di matrimonio con Chiara Ferragni. Ancora tutta da definire, invece, la stagione 2019 del Teatro Filarmonico”. Leggiamo così in un resoconto della conferenza stampa del 15 ottobre, in Comune, riguardo l’andamento della scorsa stagione areniana e le prospettive future...

Parole chiave: Pentagrammi (37), Fondazione Arena (6), Mario Tedeschi Turco (14), Filarmonico (1)

“Fedez potrebbe festeggiare in Anfiteatro il suo primo anniversario di matrimonio con Chiara Ferragni. Ancora tutta da definire, invece, la stagione 2019 del Teatro Filarmonico”. Leggiamo così in un resoconto della conferenza stampa del 15 ottobre, in Comune, riguardo l’andamento della scorsa stagione areniana e le prospettive future. Se si guarda il sito della Fondazione Arena, infatti, per vedere il programma della stagione al Filarmonico (che dovrebbe presentare 5/6 opere e una decina di concerti sinfonici), al momento tutto tace. A fronte di tale preoccupante andazzo, sviluppare alcune brevi riflessioni pare di una qualche urgenza: artistica, e dunque culturale, e di conseguenza sociale. Perché se si pensa al teatro musicale veronese, è ovvio che subito la mente corra alla stagione areniana, ma da decenni però l’attività della Fondazione si sviluppa non solo d’estate, bensì lungo tutto l’anno: e alla funzione civile degli allestimenti operistici e dei concerti sinfonici così organizzati è bene porre particolare attenzione.
Un impegno annuale di masse orchestrali e corali è essenziale per preservarne e potenziarne la qualità performativa. Il lavoro di un’orchestra, per essere di alto livello, ha bisogno di essere “allenato”, meglio se con un direttore stabile, cui alternare Maestri ospiti che possano variarne lo stile, suggerire approcci diversi alla partitura con metodi di lavoro che ne rendano duttile e strutturalmente diversificato il taglio esecutivo. Senza questo lavoro annuale, anche le performance in anfiteatro, giocoforza, risentirebbero, e non poco, dal punto di vista della compattezza, della coesione, della coerenza interpretativa: è questione che attiene al “lavoro in team”, a dirla in aziendalese, il quale si rende qualitativo attraverso una costante attività.
Ma in senso più generale, quale ruolo ha una Fondazione lirico-sinfonica in una città? Le Fondazioni, in Italia, sono 14, e Verona è l’unica in una città che non sia capoluogo di regione. Dovrebbe essere un nostro grande orgoglio. Loro scopo è formare la cittadinanza alla fruizione criticamente avveduta del patrimonio artistico musicale e teatrale, cosa che non riguarda solo i cultori di musica: siamo a due passi da Milano o Venezia, e chi lo desideri può recarsi alla Scala o alla Fenice senza soverchi problemi. Si tratta proprio di un gesto politico, inteso nel senso più nobile, e dovrebbe essere rivolto a ogni persona di cultura: si tratta cioè di rendere evidente alla cittadinanza che, nella gestione del tempo libero, può esistere uno spazio per l’edificazione spirituale, per coltivare la propria interiorità, per dare più intensità di presenza alla propria vita psichica. Per trovare nella musica d’arte modelli e messaggi per la nostra esistenza quotidiana. Per far sì che il nostro tempo non sia solo svago o divertimento effimero, ma sia utile per la conoscenza, per la ricerca di un senso. In tutto l’Occidente, il teatro musicale e la musica sinfonica hanno tale scopo, che migliora la vita del singolo e rende più ricca (dico: intellettualmente ricca) la comunità cui appartiene.
La stagione al Filarmonico, dunque, non è solo appannaggio dei musicofili. È un tassello essenziale per definire cosa voglia fare Verona per i propri cittadini, cosa voglia essere Verona, al di là della “turistificazione” (il neologismo è di Daniela Cavallo, architetto e docente universitaria) nella quale stiamo naufragando. E al di là delle celebrazioni per l’anniversario Fedez/Ferragni…

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