Pentagrammi
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Il sublime di Gustav Mahler alba del contemporaneo

C’è qualcosa di colossale nel corpus sinfonico di Gustav Mahler, il grande compositore boemo che lo scorso 7 luglio ha festeggiato il 160° anniversario della nascita (1860-1911)...

Parole chiave: Gustav Mahler (1), Compositore (3), Pentagrammi (37)
Il sublime di Gustav Mahler alba del contemporaneo

C’è qualcosa di colossale nel corpus sinfonico di Gustav Mahler, il grande compositore boemo che lo scorso 7 luglio ha festeggiato il 160° anniversario della nascita (1860-1911). Nove sinfonie, più i frammenti di una decima incompiuta, una serie di Lieder per voce e orchestra (tra i quali Il canto della terra può essere considerato a buon diritto un’altra sinfonia) costituiscono il lascito di un musicista che solo dopo un cinquantennio dalla morte è stato assunto nel repertorio dei classici della musica occidentale, la sua statura essendo stata a lungo eclissata dall’attività di direttore d’orchestra, ugualmente eccezionale e quella sì apprezzata largamente anche durante la sua vita.
E c’è altresì qualcosa di necessario, nella musica di Mahler, sia dal punto di vista dell’evoluzione storica delle forme, che dal punto di vista più ampiamente culturale che quelle forme rivelano e innervano. Innanzitutto, Mahler fu per certi aspetti il primo intellettuale ebreo in cui i caratteri dello sradicamento, dell’irriducibilità culturale al mondo, della spiazzante ironia si palesano con rilievo indubitabile. Non si tratta di adesione a un credo religioso (se di religiosità si può parlare in Mahler essa è panica, sincretica), bensì di una dimensione umana e culturale ad un tempo profonda e drammatica, indicatore espressivo di un’alterità rispetto al mondo che radicalizza la dialettica romantica sino al parossismo. Inquieto nella società, Mahler trova conforto, nella sua musica, grazie alle suggestioni che gli provengono dalla Natura e dal paesaggio, anche sonoro: così, nella Prima sinfonia, possiamo sentire insieme, nel movimento iniziale, gorgheggi di uccelli e fanfare militari che si perdono in eco lontana, in quest’ultimo caso assumendo nella scrittura il suono del mondo, anche artificialmente creato, come elemento strutturale che si ritrova poi anche in altri lavori. L’utilizzazione di materiali musicali “bassi” (imitazioni di suoni naturali, ritmi di danza rurale, frammenti di canzoni popolari) fu a lungo rimproverata a Mahler come volgarità, e solo oggi, retrospettivamente, se ne comprende la modernità: da una parte, quale messa in testo dello scenario acustico nel quale siamo immersi – pratica artistica frequentatissima dalle avanguardie novecentesche fino ad oggi –; dall’altra, quale deliberato gesto narrativo, nel quale l’arte musicale tenta l’impresa del replicare le tensioni evocative di spazio e tempo tipiche del romanzo.
E proprio sul Mahler narratore, oggi, la musicologia ha appuntato il proprio interesse analitico, cercando di sondare il modo con il quale il compositore ha formato, nelle sinfonie, il flusso temporale dei temi e dei motivi, solo apparentemente architettato secondo le direttrici classiche, ma in realtà continuamente rimesso in discussione da elusioni, dissimmetrie, contrasti. All’ascoltatore non specialista può sfuggire l’acume analitico, ma giunge certamente qualcosa di fortemente caratteristico di questa organizzazione musicale vorticosa, cui si accennava all’inizio, e che può essere sintetizzato nella parola “sublime”, il luogo estetico in cui una bellezza irraggiungibile è talmente al di là della comprensione da incutere sgomento. Che siano profili melodici flebili e trasognati come nella Quinta, terrificanti marce funebri come nella Settima, oppure esaltanti corali in cui si professa la fede nella resurrezione (nella Seconda), Mahler resta ancora oggi il più significativo sinfonista drammatico dell’alba contemporanea.

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