L’eclettismo di Casarini, il mago
Maria Teresa Ferrari
L’Arena Casarini.
Pino Casarini, il mago
Minerva Edizioni 2015
pp. 71 - Euro 10
Un mondo di acrobati, giocolieri, funamboli, pagliacci, domatori di animali, ballerine. È quello de L’Arena Casarini che Maria Teresa Ferrari racconta nella pubblicazione (Minerva Edizioni) dedicata a il mago della pittura, appunto Pino Casarini, come il sottotitolo non a torto mette in evidenza.
Lo scritto, corredato da fotografie delle pitture murali che portano la firma dell’artista e da scatti ad immortalare scene di vita nel Novecento, è un promemoria: serve a ricordare che lo storico palazzo dell’Hotel Due Torri custodisce al suo interno una creazione inedita del maestro veronese, l’unica a tema circense realizzata nella sua carriera artistica. È nell’introduzione che si ricorda il contributo dato dal pittore al complesso architettonico, su richiesta di Enrico Wallner: nobile di origine austriaca nonché collezionista d’arte ed appassionato di antiquariato il quale, negli anni Cinquanta, si adoperò per trasformare la proprietà di famiglia in lussuoso albergo. Scelse, non a caso, il pennello di uno degli affreschisti più affermati dell’epoca affidandogli, era il 1958, la decorazione del soggiorno dell’hotel ed il salone delle feste al piano interrato: quella Sala Casarini ribattezzata in tempi più recenti Arena.
Passò alla storia il drago che il pittore realizzò, negli anni Venti, per il carnevale veronese. Con il suo sguardo incandescente, lo si ritrova in un particolare dell’opera dipinta nell’albergo che si affaccia su piazza Santa Anastasia. Animale della fantasia lì attorniato da scimmie, giraffe, cani, elefanti e cavalli fino a dare vita ad un insieme che avvolge lo spettatore. Un teatro nel quale vanno in scena momenti di vita circense animati da acrobati, funamboli e contorsionisti, pagliacci e ballerine, domatori. Messinscena nella quale altro protagonista è il colore, descritto dall’autrice del catalogo in sapienti pennellate che sono ora spesse ora leggere, che si alternano a “campiture a spatola rese vibranti da pigmenti più o meno denso. Il tutto arricchito da contorni e particolari a rilievo, ricoperti da foglie d’oro o d’argento”. Veri e propri giochi d’arte a ricreare un’atmosfera tra le pareti di un’architettura. A completare il volumetto, tradotto anche in lingua inglese, sono gli interventi di Daniela Zumiani, docente di Storia dell’architettura all’Ateneo scaligero, poi di Massimiliano Valdinoci e Davide Antolini, rispettivamente direttore e docente di tecniche pittoriche all’Accademia di Belle Arti. Un focus finale è riservato alla biografia dell’affreschista (nato in riva all’Adige da padre intagliatore nel 1897 e scomparso nell’aprile del 1972), evidenziandone l’eclettica attività che lo portò ad essere pittore, frescante, illustratore, vetratista, scultore.