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Con i giovani un dialogo da riattivare

Alberto Galimberti
È una Chiesa per giovani? Proviamo ad ascoltarli
Àncora Editrice
Milano 2018
pp. 144, euro 15

Con i giovani un dialogo da riattivare

Un libro che nasce per ascoltare i giovani, categoria sociale preferita dalle indagini demoscopiche e spesso descritta con tonalità negative, dove vengono messi in risalto il vuoto che c’è in loro, la disillusione, l’inettitudine. Insomma, spesso sono visti come un problema anziché come la risorsa su cui si basa la società per costruire il proprio futuro. L’intento dichiarato da Alberto Galimberti, autore di È una Chiesa per giovani? Proviamo ad ascoltarli, è quello di compiere un viaggio tra i suoi coetanei con l’intento di “smantellare, pezzo su pezzo, la mole esorbitante di stereotipi appioppati loro addosso” per “comprendere chi sono davvero”.
La prima parte dell’agile volume contiene le interviste con tre esperti: Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica, impegnato ad analizzare il rapporto tra giovani e mondo del lavoro; Alessandro D’Avenia, insegnante in un liceo e noto scrittore apprezzato dagli adolescenti e non solo; il sociologo della religione Franco Garelli. La seconda parte riporta i dialoghi dell’autore con una dozzina di giovani di diversa cultura, formazione ed estrazione sociale, residenti in Italia e all’estero. Ed è forse questa la parte migliore del libro, dalla quale emerge uno spaccato della realtà giovanile. Si va da Sara e Fabio, entrambi laureati, conviventi, impegnati professionalmente in due cooperative sociali, credenti ma oggi non più praticanti, dopo aver frequentato parrocchia e oratorio fino alla maggiore età. Stimano papa Francesco ma non la Chiesa cattolica, vista come tradizionalista e conservatrice. Si giunge poi a Davide, emigrato in Australia “in cerca di un futuro abitabile” che il nostro Paese non gli ha saputo offrire. Nonostante tanti progetti andati in fumo, non si è mai dato per vinto. Crede in Dio, ma non nella Chiesa con la quale ha chiuso a 15 anni, dichiarandola indifendibile e contraddittoria. Ma non manca chi testimonia un rapporto positivo con la comunità ecclesiale: da don Gabriele, sacerdote novello, che racconta la sua vocazione ed esprime il desiderio di una Chiesa maggiormente capace di ascoltare la domanda di senso che i ragazzi esprimono; a Laura, studentessa credente e praticante assai determinata, nonostante una vicenda famigliare difficile («Cresco con due padri, una madre e tre sorelle, ma una mi vuole e due no») e tanta sofferenza per la morte del padre naturale, ma che con la fede e l’aiuto di Dio sceglie di amare tutti, o almeno ci prova.
Sono solo alcuni esempi di tante situazioni che caratterizzano e colorano una realtà giovanile quanto mai variegata e non richiudibile in categorie stereotipate, con la quale è impellente riallacciare il dialogo.

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