Informazioni Pastorali "Andrà tutto nuovo"
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Influencer

di DON FRANCESCO MARINI

Chi sono questi famosi influencer? C'è simbiosi tra la base dei "nuovi discepoli" e  i "nuovi maestri"

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Disegno con sacerdote che viene fuori dallo schermo di uno smartphone

di DON FRANCESCO MARINI

La lingua italiana si è sempre avvalsa di parole prese “in prestito” da altre lingue. Se pensiamo al nobile latino: un libro inizia con un incipit, il popolo viene consultato con i referendum, sbagliandosi si commette un qui pro quo, quando si cambia identità si assume un alias, e si potrebbe andare avanti ancora con molti esempi di uso quotidiano.
Negli ultimi anni, con lo sviluppo tecnologico e la diffusione dei media digitali, la lingua italiana si è appropriata di alcuni termini inglesi per esprimere in modo sintetico idee che, diversamente, richiederebbero un gran dispendio di parole. Brand, peer-to-peer, on line, marketing, follower, nonché influencer.
Chi sono questi famosi influencer?
Innanzitutto, gli influencer (in italiano si tradurrebbe con “influenzatori”) sono delle persone con una certa fama all’interno del web, molto sfruttati nell’ambito delle strategie di comunicazione e commerciali. La loro notorietà è data dall’autorevolezza che hanno acquisito presso i followers (che potremmo tradurre come “seguaci”), ovvero coloro che reputano importante l’opinione di questi personaggi e si affidano al loro parere in diversi ambiti: in particolare per quel che riguarda scelte di acquisto, ma non solo.
I più famosi e seguiti in Italia sono: Chiara Ferragni (74 milioni di interazioni su Instagram), il suo compagno Fedez (19,5 milioni), Gianluca Vacchi (9 milioni), Benedetta Rossi (8,5 milioni), Diletta Leotta (8,2 milioni).
Un equivoco va subito scansato: si parla di interazioni perché la bravura degli influencer è data dalla loro capacità di costruire relazioni. Non siamo di fronte a persone che si fanno seguire per le loro idee, non sono dei leader d’opinione della rete. Gli strumenti digitali, grazie alla loro praticità, hanno quasi cancellato la distinzione tra sfera pubblica e privata delle persone. Attraverso le fotocamere degli smartphone possiamo vedere l’interno della casa di una persona, seguirla nei suoi spostamenti, vedere quel che ci vuole mostrare. Diventa, allora, davvero molto più facile stabilire un rapporto di fiducia: se c’è libero accesso alla casa di qualcuno, vuol dire che c’è un rapporto di amicizia! I followers, potendo vedere la casa dei loro influencer, potendo interagire con loro (scrivendo messaggi e post), si sentono coinvolti in una relazione significativa.
Consigli per gli acquisti ma non solo...
All’interno di questo tipo di rapporto, trovano spazio anche messaggi di altro tipo. Si pensi alle inserzioni commerciali, per esempio. Una dinamica che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni: quante volte abbiamo fatto acquisti forti del consiglio di alcune persone di fiducia? Nel mondo digitale si ripete questa stessa cosa: l’influencer proprio perché riconosciuto come autorevole dai suoi followers, fornisce alcuni consigli di acquisto, consigli che vengono percepiti come provenienti da un amico di cui ci si può fidare.
Un altro esempio, recentemente portato all’onore delle cronache: seguendo la strada tracciata da altri governi europei, anche il presidente del Consiglio Conte ha chiesto “aiuto” a Chiara Ferragni e Fedez perché dicessero, sui loro canali social, di indossare la mascherina. È stato sfruttato il loro ascendente per lanciare un messaggio capace di incidere nel sentire comune.
Si può facilmente capire, quindi, che si tratta di un fenomeno molto particolare e di cui non è facile definire la portata. Essendo i social un ambiente considerato democratico (perché ugualmente fruibile da tutti coloro che possiedono gli strumenti per accedervi), gli influencer sono liberi di muoversi a loro piacimento, senza dover rendere conto a nessuno (anzi, sono le aziende o i governi che si appellano a loro per ricevere aiuto): hanno quindi un potere davvero molto grande. Come i maestri dell’antichità, vengono scelti e riconosciuti come autorevoli dai loro discepoli, i followers: essendo la loro autorità data dal basso, sono in grado di spostare anche l’opinione di milioni di persone. Utilizzando per lo più fotografie, brevissimi video e messaggi molto corti (la lunghezza di un tweet è stata portata a 280 caratteri, ma nella realtà non ne vengono mai utilizzati più di 190) trasmettono contenuti con una grandissima portata emotiva, ma a scapito di razionalità e di profondità nella riflessione.
Il potere degli strumenti
Ancora una volta, i media mostrano la loro grande capacità persuasiva: come i giornali, la radio, la televisione così anche gli strumenti digitali palesano a loro potente ambivalenza che rinnova nei fruitori l’appello ad un uso consapevole e costruttivo, in grado di far fiorire le grandi potenzialità e utilizzarle a servizio dell’uomo.
Don Francesco Marini
Direttore Centro dioc. cinematografico

La Chiesa ha bisogno anche di loro
È semplicemente una dimensione missionaria attuale

don Marco Rinaldi x sito

Il sociologo Bauman affermava che la nostra società ha come riferimento le celebrità, vere “autorità” per il mondo giovanile di oggi. A differenza dei santi e degli eroi che diventano famosi per le loro virtù, queste si distinguono per la loro notorietà.
In un mondo in cui virtuale e reale sono sempre più interconnessi, in cui l’immagine vera lascia il posto a quella ritoccata e i like che si ricevono definiscono il modo in cui il giovane si deve comprendere e deve rielaborare il suo vissuto formando così la sua coscienza, la domanda se la Chiesa debba o meno interessarsi di tutto questo è davvero retorica. Questo è il mondo nel quale nascono e vivono i nativi digitali.
Qui imparano il loro codice comunicativo, la loro “lingua madre”. In ogni epoca storica la Chiesa ha saputo innervare di Vangelo la società nella quale si trovava, facendo splendere veri e propri influencer capaci di cambiare la vita di molte persone. Oggi l’avvento del mondo digitale, con la facilità della comunicazione aperta a tutti, costituisce una sfida e un’opportunità unica. Abbiamo allora bisogno di influencer? Sì, abbiamo bisogno di cristiani capaci di parlare quel linguaggio compreso dai giovani di oggi, senza il quale il messaggio evangelico rischia di risultare incomprensibile a una parte del mondo giovanile. Abbiamo bisogno di cristiani credibili che vivano con assoluta integrità, senza sdoppiamenti schizofrenici, tanto il reale quanto il virtuale, senza maschere utili solo a creare personaggi celebri ma non veri testimoni. Abbiamo bisogno di uomini e donne che non si pieghino alle logiche emotive e ludiche, a basso contenuto valoriale, atte solo a ottenere visibilità e fama, ma che abbiano il coraggio di affascinare ancora il mondo di oggi con le altezze meravigliose proposte da Cristo Gesù nel Vangelo. È quanto mai urgente che la Chiesa scopra la sua dimensione missionaria anche in questa terra poco esplorata, ma sempre più popolata di giovani.
Il Vangelo continua di attirare e affascinare, è basta dirlo con un linguaggio ancora una volta nuovo.
Don Marco Rinaldi
Collaboratore a S. Martino Buon Albergo

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