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Pensare il futuro della nostra Chiesa

di LUCA PASSARINI

Con che “foto” identifichiamo il percorso di rinnovamento ecclesiale? Inizia il nostro approfondimento

Pensare il futuro della nostra Chiesa

di LUCA PASSARINI

“Ci chiediamo allora come potrà la Chiesa rispondere all’appello del Signore ad essere luce che risplende davanti agli uomini e alle donne di oggi”. 

Da quando il vescovo Domenico Pompili ha pubblicato la seconda lettera pastorale Sulla luce, lo scorso ottobre, più volte questa frase mi è tornata in mente, come cristiano, prete, direttore di questo settimanale. Proprio a partire da quest’ultimo aspetto mi sono chiesto quale potrebbe essere un contributo giornalistico a tale questione.

Partiamo da alcuni dati di cronaca interessanti. Il primo ci fa andare indietro nel tempo: si ricorda infatti, in questi mesi, il 55° anniversario di una serie di interventi radiofonici dell’allora docente di teologia Joseph Ratzinger; nessuno probabilmente li avrebbe ricordati né tradotti in italiano, se non fosse che poi quell’uomo è diventato Papa con il nome di Benedetto XVI. Con la sua proverbiale lucidità evidenzia che i decenni tra fine XX e inizio XXI secolo rappresentano “un enorme punto di svolta nell’evoluzione del genere umano”, di fatto appena iniziato e superiore per forza a quello del passaggio tra Medioevo e modernità: perché la Chiesa possa avere davvero significato si devono dare da fare con generosità gli uomini e le donne.

Secondo dato: sono dodici anni esatti in questi giorni dall’elezione al soglio pontificio (13 marzo 2013) di Jorge Mario Bergoglio che, per provenienza e biografia, non poteva che essere dirompente per la Chiesa. I cardinali è da presumere lo sapessero bene e già i primi istanti da Papa – nome, come si è presentato alla Loggia, parole dette e non dette – lo hanno evidenziato. Lo stesso Francesco si è inserito nella scia del predecessore, dicendo più volte che siamo davanti a un cambiamento d’epoca, più che in un’epoca di cambiamento. 

Terzo, molto più recente e locale: al ritiro del clero per l’inizio della Quaresima, Luciano Manicardi – monaco di Bose e scrittore – ha dato alla Chiesa di Verona i criteri con cui discernere la corretta direzione all’interno del cambiamento, giudicato inevitabile. Nel box a fianco ne parliamo.

Tutti e tre – Ratzinger, Bergoglio, Manicardi – pongono come fondamento di tutto l’immaginazione: ovvero spalancare visioni ampie anche in spazi ristretti, dare a ciò che non c’è ancora la forma mentale, senza la quale nulla può diventare realtà. Per questo spesso poi si traduce in una immagine che annuncia ciò che verrà, ma a partire da elementi che già attualmente almeno si intravedono.

D’altronde, questa è una operazione che da sempre caratterizza la Chiesa, che ha amato definirsi a partire da alcune immagini. 

Nei primi secoli si descriveva e allo stesso punto si auspicava come la barca, che resiste anche nella tempesta; il gregge guidato dal Buon pastore; comunione di santi e compartecipazione delle realtà sante; il popolo di Dio a volte in continuità, altre in contrapposizione con Israele; la luna rispetto a Cristo-sole. 

Nel Medioevo si preferiva più il corpo di Cristo, vero o mistico a partire dalle diverse epoche o sensibilità, ma anche la società perfetta, che nell’Ottocento diventa l’immagine della “societas perfecta, inaegualis, hierarchica”. 

Pio XII, nell’enciclica Mystici Corporis (1943), ridimensiona la cosiddetta ecclesiologia societaria e visibilista e ripropone la concezione del “corpo mistico di Cristo”, che pone in primo piano la presenza attuale e vivificante del Signore nella Chiesa.

Il Concilio Vaticano II propone altre immagini, anche recuperandone alcune dell’epoca patristica. La Chiesa, quindi, viene presentata come il popolo dell’alleanza, la comunità della Pasqua o del Risorto, ma vengono pure usate immagini desunte dalla vita pastorale e agricola (ovile, gregge, campo, olive, vite), dal linguaggio edilizio (edificio o tempio), dalla vita domestica (famiglia e sposa): questo perché “l’intima natura della Chiesa si fa conoscere attraverso immagini varie” (Lumen Gentium, 6). 

Ratzinger, negli interventi già citati, parlava di una comunità creativa: più piccola nelle dimensioni e nel peso sociale, ma forte nella fede e nella spiritualità; altri pensatori del secolo scorso hanno proposto l’immagine dell’albergo che tutti accoglie, o del grembiule. 

Papa Francesco, nei primi anni di pontificato, ha parlato spesso di ospedale da campo, comunità dei discepoli missionari, casa con le porte aperte, poliedro, salvo poi affermare che la crisi legata alla pandemia da Covid-19 è un “tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile, con il realismo che solo il Vangelo può offrirci”.

Quali altre immagini e immaginazioni ci sono oggi per essere davvero luce, sale, in un mondo che sembra fare a meno della Chiesa, ma che – come dice qualcuno – mai come oggi ha bisogno della testimonianza e dell’annuncio della comunità cristiana? 

Cominciamo un percorso di ascolto e dialogo con pensatori significativi, con l’intento non solo di ospitare le loro parole su queste pagine, ma che diventino occasioni di confronto pure nelle nostre realtà. Vorrebbe, infatti, essere un’operazione che non dice tanto come vivere individualmente la fede cattolica (anche perché sarebbe una contraddizione in termini), ma come pensarci e muoverci in quanto comunità cristiana.

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