Quella insopportabile ossessione per i cani
Mi dibatto ormai in un dubbio amletico, ovvero a quale specie appartengano certi esemplari di bipedi che da sempre siamo portati ad attribuire all’antropologia. «Vieni dalla mamma», «Vieni che la mamma ti prende in braccio», «Sei stanco tesoro?»... Alzi la mano chi non ha sentito scambiare qualcuna di queste amene affettuosità simbiotiche tra qualche quattro zampe e la sua bipede “mamma” che lo tiene al guinzaglio...
Mi dibatto ormai in un dubbio amletico, ovvero a quale specie appartengano certi esemplari di bipedi che da sempre siamo portati ad attribuire all’antropologia. «Vieni dalla mamma», «Vieni che la mamma ti prende in braccio», «Sei stanco tesoro?»... Alzi la mano chi non ha sentito scambiare qualcuna di queste amene affettuosità simbiotiche tra qualche quattro zampe e la sua bipede “mamma” che lo tiene al guinzaglio. Ho l’impressione che si stia diffondendo una patologia inarrestabile e non me ne vogliano se la chiamerò “cagnite”. Soprattutto non mi si copra di insulti, accusandomi di non voler bene a Fido, di non essere amico degli animali.
Non lo facciano, perché potrei reagire scompostamente, colpito a mia volta dalla stessa patologia. Un bu-bu in versione Maltese, se va bene. Ma anche un latrato più lugubre e aggressivo, stile Rottweiler, se la cosa dovesse risultare più pesante. Il fatto è che io, che amo i cani, non sopporto più chi offende la dignità umana, mettendola alla pari con quella di un animale. Finisco sempre per sentirmi interpellato, come davanti all’urna: tu da che parte stai? Ed è lì che si infrangono le mie certezze e mi sento spaesato.
Ero a celebrare in una cattedrale del Nord Italia, quando nel bel mezzo della Messa un festante Labrador s’è messo a intonare non so quale liturgia canina. Al termine del rito, un signore molto distinto e molto interessato alla vita della parrocchia e a come procedevano i lavori è venuto in sacrestia per scusarsi col parroco per l’estemporanea esibizione dell’amico. Una serie di convivialità senza ritegno riconducevano il tutto ai toni amichevoli di una fraternità allargata anche ai cani. In fondo, anche Fido aveva diritto ad esprimersi in una sorta di Te Deum zoologico.
Nei giorni scorsi girando frettolosamente per le strade di Verona. Un piccolo essere di cui non vedevo gli occhi, ma che aveva singolari méches viranti sul blu, stile Loredana Berté, portava a spasso un’avvenente signora, di cui ricordo soltanto la molteplice variante cromatica, tanto da farmela virtualmente immaginare come degna discendente del Pinturicchio. Guardavo l’avvenente signorina, quella in basso per capirci, di cui non riuscivo a distinguere alcun dato anatomico, se non il sesso, ma solo per via di deduzione. E questo grazie ad una bellissima borsetta da viaggio, rosa confetto, grande come un osso di porco, pendente al fianco sinistro grazie ad un gancio confezionato allo scopo. A colpirmi era il politicamente scorretto di quella mise. Possibile che sopravvivesse ancora nel mondo canino quel sessismo becero, che distingue ancora tra maschio e femmina, tra rosa e azzurro, facendosene un baffo delle teorie di gender? Possibile che siano sempre i nostri amici a quattro zampe a riportarci indietro nel tempo, affermando quei principi di natura che da tempo abbiamo seppellito sotto quelli emancipati della cultura?
Era una famiglia tedesca ad attirare poi la mia attenzione, in un’altra circostanza. Papà, mamma, più due pargoli in età da elementari. Quattro in famiglia, con quattro cani, di quattro razze diverse. Della serie: ecumenismo e dialogo. Ognuno viaggiava col proprio conducente, come militari ai tempi dei muli. Silenziosi e in ordine come un piccolo plotone militare, obbediente alla nuova cultura. Quella che ha messo al centro Fido, perché in grado di compensare vuoti affettivi, maternità frustrate e fraternità diventate mute. Rese silenziose nelle solitudini di una cultura individualistica o dentro le metodologie digitali, dove chiacchieri restando solo con te stesso. Cani che prendono il posto delle persone, privandoli della loro dignità, dentro improponibili agghindature con cui li si acconcia, al pari della perdita di dignità di chi crede di amarli, finendo soltanto per recitare copioni da caricatura.