Il Calciastorie
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Se anche la panchina è «un’occasione per crescere»

Anch’io, per un paio d’anni, ho indossato la maglia numero 10. Come Maradona, Pelè, Baggio, Zico. Non ero però il fantasista della squadra, né il fuoriclasse...

Parole chiave: Il Calciastorie (121), Sport (139), Calcio (136)

Anch’io, per un paio d’anni, ho indossato la maglia numero 10. Come Maradona, Pelè, Baggio, Zico. Non ero però il fantasista della squadra, né il fuoriclasse. Semplicemente, giocavamo a calcio a sette: le maglie dalla 8 in su erano destinate ai panchinari. Poi il mister, Tino, faceva giocare tutti, compreso chi aveva due melanzane al posto dei piedi. «Al di là della partita, c’è la vita», ha detto papa Francesco nell’incontro “Il calcio che amiamo” organizzato da La Gazzetta dello Sport e dalla Federazione italiana giuoco calcio. Ha invitato i genitori a incoraggiare i figli «nei momenti difficili, specialmente dopo una sconfitta. E ad aiutarli a capire che la panchina non è un’umiliazione, ma un’occasione per crescere e un’opportunità per qualcun altro». Tommaso Berni molti tifosi dell’Inter non lo conoscono. Eppure è lì che milita, da cinque anni a questa parte. Da un decennio buono, invece, gioca in Serie A, anche se il verbo “giocare” non è proprio dei più adeguati: sette presenze in tutto, quattro alla Lazio e tre alla Sampdoria. In campo non si vede, ma evidentemente come uomo-spogliatoio c’è motivo per essere contenti di lui, che potrà raccontare ai nipotini di aver vinto una Supercoppa italiana (magari tacendo sul fatto di essere rimasto a guardare). Poi c’è lui, Juliano Belletti. Campione del mondo nel 2002 con una sola presenza nel torneo (Brasile-Turchia) e riserva nel Barcellona che, nel 2006, vinse la Champions League. Senza ancora Messi, ma con Ronaldinho, Eto’o e compagnia bella. In finale il terzino destro titolare è Oleguer, con Belletti in panchina. Al 71’, con l’Arsenal in vantaggio, il sudamericano viene buttato in mischia. Pochi minuti dopo fa filtrare il pallone in avanti, verso Larsson, e si lancia verso l’area. Lo svedese si gira e gli restituisce il pallone. Da posizione un po’ defilata, Belletti spara un destro che – complice un intervento del portiere non proprio dei migliori – finisce in rete. Il suo nome finisce tra quelli dei marcatori di una finale di Champions. Accadrà lo stesso a Materazzi, partito ai mondiali di Germania come riserva di Nesta, poi infortunatosi. L’importante non è giocare tutti e novanta i minuti, ma farsi trovare pronti. Sapendo che, oltre alla partita, c’è la vita.

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