In un mondo che cambia a duemila all’ora c’è sempre qualcosa di indentico a se stesso
Con Bruno Pizzul non abbiamo vinto niente. Iniziò a raccontare in tv le partite dell’Italia dopo il trionfo di Spagna ’82, e ha passato il testimone dopo la disastrosa edizione in Corea e Giappone, prima del trionfo di Cannavaro e compagni di quattordici anni fa (ehi, così tanti? Chi ci ha rubato il tempo?)...
Con Bruno Pizzul non abbiamo vinto niente. Iniziò a raccontare in tv le partite dell’Italia dopo il trionfo di Spagna ’82, e ha passato il testimone dopo la disastrosa edizione in Corea e Giappone, prima del trionfo di Cannavaro e compagni di quattordici anni fa (ehi, così tanti? Chi ci ha rubato il tempo?). Eppure il suo tono di voce, il suo entusiasmo garbato lo hanno fatto sentire uno di famiglia. Uno che non ha bisogno di urlare per far mostrare di essere del mestiere.
Nel 2015 lo troviamo a commentare la Partita del cuore. Al 32’ del primo tempo il rapper Moreno, pressato da Nedved, si libera dell’ex Pallone d’Oro con un tunnel. Tra il gasato e l’incredulo per esservi riuscito, recupera il pallone alzando il braccio destro verso il pubblico, prima di effettuare un passaggio sulla sinistra verso Niccolò Fabi. Mentre l’azione svanisce in un nulla di fatto, Max Giusti – che commenta la partita per la Rai – eccede in ottimismo: «Mi è piaciuto molto Nedved che ha fatto l’applauso a Moreno che l’ha un po’ beffato. Se fosse stata una partita vera alla seconda entrata gli avrebbe staccato i talloni». Pizzul si inserisce, tra il comico e il preoccupato: «Non è detto che non succeda». Pochi minuti dopo, infatti, Nedved si vendica su Moreno con un’entrataccia che genera un accenno di rissa tra le due squadre. La Partita del cuore si trasforma nella serata del rancore, ma almeno porta con sé un paio di insegnamenti.
Il primo: occorre essere sinceri e coerenti. Un evento benefico che finisce a calcioni tradisce le proprie intenzioni. Trasportato su altri piani: una Chiesa che si propone come accogliente lo deve essere sul serio, un insegnante che sceglie questo lavoro per instaurare una relazione con i giovani, deve farlo davvero. Se sbuffa di continuo all’idea di incontrare i ragazzi, forse si sta raccontando una storia (e magari farebbe bene a cercare altre opportunità a lui più congeniali).
La seconda: da qualche parte c’è un nonno, un amico, un genitore o un Bruno Pizzul che ha visto più strada di noi, e le sue parole vanno pesate. Perché ci possono aiutare a capire un mondo che cambia ai duemila all’ora, ma che ha allo stesso tempo dinamiche che si ripetono.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento