L’illogica ricerca della “perfezione”
Il tema che proponiamo nel Primo piano di questa settimana è uno di quelli tosti. Spiegare le cose, raccontare le storie vissute, ascoltare le testimonianze dei protagonisti serve molto, ma quale lettura dare dei fatti? Quale luce accendere per non rimanere prigionieri del buio dell’incomprensibilità o dell’assurdità che la vita talvolta presenta e, d’altra parte, per non rimanere accecati da posizioni rigide, ideologiche, sclerotizzate?
Il tema che proponiamo nel Primo piano di questa settimana è uno di quelli tosti. Spiegare le cose, raccontare le storie vissute, ascoltare le testimonianze dei protagonisti serve molto, ma quale lettura dare dei fatti? Quale luce accendere per non rimanere prigionieri del buio dell’incomprensibilità o dell’assurdità che la vita talvolta presenta e, d’altra parte, per non rimanere accecati da posizioni rigide, ideologiche, sclerotizzate?
Forse in casi come questi, e qui si parla di decisioni sofferte perché riguardano la vita propria e quella di altre persone, dobbiamo accontentarci di una fiaccola, cioè di una luce tenue che ci pemetta di compiere un passo alla volta in un cammino che ogni giorno ci rimette in gioco e alla prova. È quanto ci ha offerto, per esempio, lo spunto di papa Francesco in occasione dell’udienza ai partecipanti al convegno Catechesi e persone con disabilità del 21 ottobre scorso.
«È ancora troppo forte nella mentalità comune un atteggiamento di rifiuto di questa condizione (di disabilità, ndr), come se essa impedisse di essere felici e di realizzare sé stessi – sostiene il Papa –. Lo prova la tendenza eugenetica a sopprimere i nascituri che presentano qualche forma di imperfezione. In realtà, tutti conosciamo tante persone che, con le loro fragilità, anche gravi, hanno trovato, pur con fatica, la strada di una vita buona e ricca di significato».
Mi pare un consiglio prezioso, non retorico: stabilire a priori le condizioni per poter essere felici e per poter raggiungere la realizzazione di sé risponde ad una visione “stonata” della vita. Si può essere felici anche senza essere perfetti. Anzi la ricerca della perfezione o il tentativo di fermare il tempo per conservarla, porta a dimenticaere che la vulnerabilità appartiene all’essenza dell’uomo.
La risposta del Papa: “l’amore: non quello falso, sdolcinato e pietistico, ma quello vero, concreto e rispettoso. Nella misura in cui si è accolti e amati, inclusi nella comunità e accompagnati a guardare al futuro con fiducia, si sviluppa il vero percorso della vita e si fa esperienza della felicità duratura”.
L’atto di fede è quella fiaccola umile e rispettosa che permette di fare un passo in avanti ogni giorno, di moltiplicare l’impegno, di vincere la paura. Viceversa, la tendenza eugenetica a sopprimere i nascituri che presentano qualche forma di imperfezione è una resa dalle conseguenze tragiche. E in questi casi però serve ancora l’opera di misericordia che salva dall’inaridimento definitivo chi non ce l’ha fatta.