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Il Papa dentro il carcere

Molte persone sono state colpite, durante il Regina Coeli di domenica 19 maggio, dalle parole che papa Francesco ha riservato ai veronesi «per l’accoglienza e l’affetto» dimostrati nella visita del giorno prima...

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Il Papa dentro  il carcere

Molte persone sono state colpite, durante il Regina Coeli di domenica 19 maggio, dalle parole che papa Francesco ha riservato ai veronesi «per l’accoglienza e l’affetto» dimostrati nella visita del giorno prima. Ancora di più ha destato sorpresa il grazie personale, con tanto di nome, alla direttrice dalla Casa circondariale di Montorio,  Francesca Gioieni. Motivazione: perché insieme al personale penitenziario e ai detenuti «hanno testimoniato ancora una volta che dietro le mura di un carcere palpitano vita, umanità e speranza».

Tanti mi hanno chiesto cosa sia successo di così meritevole in quelle ore in carcere, volutamente poco documentate da immagini e giornalisti. In pubblico il Papa ha subito espresso compiacimento, a inizio del suo discorso, per l’ironia della direttrice – «il sorriso fa tanto bene» –; nel privato della cappella diventata sala da pranzo non sappiamo se ci siano state ulteriori occasioni.

Sicuramente, pure le parole di Gioieni hanno colpito il Pontefice. Ha iniziato esponendosi subito in maniera forte quando ha detto che «la nostra missione è questa: intercettare e accompagnare percorsi di vita cercando ogni giorno e con ogni sforzo di non essere “carcere abitato da carcerieri e carcerati”, ma un luogo dove, nel rispetto di quelle regole che consentono la convivenza di una così ampia e multietnica comunità, ciascuno possa trovare uno spazio di ascolto, una mano tesa, uno sguardo che dica “ io ti vedo e non mi volto dall’altra parte: so che ci sei e proverò a cercare le risposte per te, insieme a te”».

Quindi, un grande proclama: in un mondo che si divide «per l’opinione pubblica tra buoni e cattivi, giudicanti e giudicati (…) noi qui non giudichiamo». La direttrice ha poi evidenziato una strada che dovrebbe sostenere ogni persona, ovvero l’improntare «ogni singola azione e decisione al rispetto delle dignità» di ciascuno. Per lei il carcere può diventare una palestra, in cui chi «ha mostrato violando la legge penale le sue fragilità ed i suoi limiti umani», può imparare il corretto relazionarsi con l’altro e nutrire la speranza, perché «nel futuro bisogna continuare a credere».

Di certo, l’essere stata citata dal Papa le fa onore e le affida la responsabilità di scelte che rendano sempre più concrete le sue parole.

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