I limiti che ci distinguono
Onora il tuo limite: è il titolo di un prezioso libro del filosofo Ricardo Peter (1997) e la modalità di stare (bene) al mondo. Tutto il contrario di quanto emerge in un’altra pubblicazione praticamente contemporanea: Lettera a madre natura
Onora il tuo limite: è il titolo di un prezioso libro del filosofo Ricardo Peter (1997) e la modalità di stare (bene) al mondo. Tutto il contrario di quanto emerge in un’altra pubblicazione praticamente contemporanea: Lettera a madre natura; considerata una sorta di manifesto del post-umanesimo, è uscita esattamente 25 anni fa.
Era il 1999, infatti, quando il filosofo Max More si volle fare portavoce di quella che chiamò “ambiziosa prole” affermando che – visto gli insuccessi e il manifesto disinteresse all’evoluzione umana della natura – ora la palla sarebbe passata all’umanità che, in pochi decenni, avrebbe saputo migliorarsi ovvero superare tutti i limiti. Siamo stati resi imperfetti e senza libretti di istruzioni, ma la nostra intelligenza, vitalità, forza, ci avrebbero presto garantito “una innovatività, ricchezza, libertà e responsabilità senza precedenti”. Niente più sottomissione all’invecchiamento e alla morte, con la possibilità di decidere ognuno quanto a lungo vivere; superamento dei dogmi e delle emozioni non raffinate; via i limiti fisici, neurologici, intellettivi, mnemonici; abbandono dell’essere solo puri organismi biologici, con integrazione delle nuove tecnologie.
Un passo avanti in questa direzione sembra essere stato fatto da Neuralink, azienda co-fondata da Elon Musk, che nei giorni scorsi ha dichiarato di aver installato il suo primo impianto nel cervello di una persona. La promessa è che, prima del 2030, basteranno circa 40mila dollari per avere una comunicazione diretta tra il cervello e i computer. Ovvero: con il pensiero sarà possibile comandare un computer e compiere azioni attraverso di esso. Meno limiti e meno ansia!
Mi sembrano in realtà molto più sagge le parole di chi propone di intendere il limite non solo come un ostacolo e una barriera, ma come il confine che mi identifica, racconta le mie peculiarità, mi apre alla relazione, mi fa riconoscere la necessità – e anche la bellezza – di una cura costante, di una sorta di “dipendenza” dall’altro. Tutto questo, però, si coglie se si smette di cercare la perfezione e si sceglie di camminare verso una vita compiuta, riuscita, aderente ai valori portati avanti lungo tutta l’esistenza, aperta verso un’alterità.
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