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Canoniche che si svuotano

Ci scrive un affezionato lettore che solleva un problema sorto all’interno della sua unità pastorale: non c’è più un parroco residente perché la coperta si fa sempre più corta anche sotto questo profilo...

Parole chiave: Canoniche (1), Editoriale (407), Stefano Origano (141)

Ci scrive un affezionato lettore che solleva un problema sorto all’interno della sua unità pastorale: non c’è più un parroco residente perché la coperta si fa sempre più corta anche sotto questo profilo, e sorge la questione sulla destinazione da dare alla canonica rimasta vuota. Sono sempre più numerosi gli edifici parrocchiali che cercano una “seconda vita”, ma a mio avviso questo è solo un corollario di un cambiamento ben più profondo che interroga le nostre comunità e la Diocesi nel suo insieme e riguarda quale futuro avranno le parrocchie.
L’accostamento può essere poco simpatico, ma il rischio è quello di copiare quanto sta avvenendo in ambito commerciale: chiudono le botteghe di quartiere dove il Bepi e la Osvalda di turno (che non solo garantivano il pane ogni giorno portato a domicilio, ma rappresentavano anche un momento di vita per una piccola comunità, di relazione umana, di scambio di informazioni, di richieste e di offerte) abbassano la saracinesca e ci si deve recare nei centri commerciali dove quello che importa è fare presto, trovare tutto al prezzo più conveniente e poi scappare a casa. Fare la spesa prima era una sorta di rito sociale, ora una fatica a cui si può ovviare con il delivery, ma il risultato non cambia.
Faranno questa fine anche le nostre parrocchie? Ognuno si cercherà il proprio centro per i servizi religiosi più comodo e si cancelleranno le realtà comunitarie più piccole dove un prete, una canonica, una sala per incontri e un ricreatorio permettono di tenere unite famiglie, ragazzi, adolescenti e anziani? E cosa ne sarà della identità del prete e del suo ruolo? Già da anni su questi temi si organizzano convegni e studi – il problema non è nuovo, il Covid lo ha ingigantito – che invocano processi di responsabilizzazione dei laici, nuove ministerialità, esperienze di pastorale “in uscita”. Al momento in uscita prevalgono i “buoi dalla stalla”, che corrispondono al disaffezionamento, talvolta all’abbandono, rispetto la vita cristiana intesa come frequenza ai sacramenti insieme alle attività formali e non, come il pranzare insieme. Se una canonica rimane vuota, basta metterci dentro qualche inquilino; ma se una parrocchia si disamora, non basta indirizzare i fedeli in quella vicina più grande. Il cambiamento è inarrestabile, l’esito speriamo non ineluttabile.

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