Canoniche che si svuotano
Ci scrive un affezionato lettore che solleva un problema sorto all’interno della sua unità pastorale: non c’è più un parroco residente perché la coperta si fa sempre più corta anche sotto questo profilo...
Ci scrive un affezionato lettore che solleva un problema sorto all’interno della sua unità pastorale: non c’è più un parroco residente perché la coperta si fa sempre più corta anche sotto questo profilo, e sorge la questione sulla destinazione da dare alla canonica rimasta vuota. Sono sempre più numerosi gli edifici parrocchiali che cercano una “seconda vita”, ma a mio avviso questo è solo un corollario di un cambiamento ben più profondo che interroga le nostre comunità e la Diocesi nel suo insieme e riguarda quale futuro avranno le parrocchie.
L’accostamento può essere poco simpatico, ma il rischio è quello di copiare quanto sta avvenendo in ambito commerciale: chiudono le botteghe di quartiere dove il Bepi e la Osvalda di turno (che non solo garantivano il pane ogni giorno portato a domicilio, ma rappresentavano anche un momento di vita per una piccola comunità, di relazione umana, di scambio di informazioni, di richieste e di offerte) abbassano la saracinesca e ci si deve recare nei centri commerciali dove quello che importa è fare presto, trovare tutto al prezzo più conveniente e poi scappare a casa. Fare la spesa prima era una sorta di rito sociale, ora una fatica a cui si può ovviare con il delivery, ma il risultato non cambia.
Faranno questa fine anche le nostre parrocchie? Ognuno si cercherà il proprio centro per i servizi religiosi più comodo e si cancelleranno le realtà comunitarie più piccole dove un prete, una canonica, una sala per incontri e un ricreatorio permettono di tenere unite famiglie, ragazzi, adolescenti e anziani? E cosa ne sarà della identità del prete e del suo ruolo? Già da anni su questi temi si organizzano convegni e studi – il problema non è nuovo, il Covid lo ha ingigantito – che invocano processi di responsabilizzazione dei laici, nuove ministerialità, esperienze di pastorale “in uscita”. Al momento in uscita prevalgono i “buoi dalla stalla”, che corrispondono al disaffezionamento, talvolta all’abbandono, rispetto la vita cristiana intesa come frequenza ai sacramenti insieme alle attività formali e non, come il pranzare insieme. Se una canonica rimane vuota, basta metterci dentro qualche inquilino; ma se una parrocchia si disamora, non basta indirizzare i fedeli in quella vicina più grande. Il cambiamento è inarrestabile, l’esito speriamo non ineluttabile.
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