Se la volontà perversa si fossilizza in necessità
Quanto Agostino confida nelle Confessioni di certo narra le vicende della sua vita, con tutti gli stati d’animo che l’hanno contrassegnata, fino alla conversione. Tuttavia, come in filigrana, lumeggia in gran parte l’animo di tutti gli esseri umani, nei loro travagli...
Quanto Agostino confida nelle Confessioni di certo narra le vicende della sua vita, con tutti gli stati d’animo che l’hanno contrassegnata, fino alla conversione. Tuttavia, come in filigrana, lumeggia in gran parte l’animo di tutti gli esseri umani, nei loro travagli. Riportiamo, ad esempio, la sua esperienza di adolescente e giovane nell’ambito della sessualità. Una slavina. Non teme di confessare a Dio i suoi traviamenti. Una adolescenza disastrosa. Ecco in sintesi come la riproduce nel libro secondo: “Voglio ricordare le mie turpitudini del passato e le corruzioni carnali della mia anima… nella mia adolescenza sono stato arso dal desiderio di saziarmi delle cose più basse e mi sono spinto ad inselvatichire in svariati e oscuri amori… Che cosa mi procurava piacere se non amare ed essere amato, fruendo anche del corpo della persona amata?… Allora, Tu, Signore, tacevi!… Nel sedicesimo anno della vita della mia carne la lussuria sfrenata si impossessò di me… Mia madre mi ammoniva che io non fornicassi e soprattutto che non commettessi adulteri con mogli di altri”, ma Agostino prendeva quelle ammonizioni come parole di donnette. Trovandosi poi in compagnia di corrotti, per non sfigurare, raccontava, vantandosene, anche ciò che non aveva fatto, “per non apparire tanto più spregevole quanto più ero innocente e di non essere giudicato tanto più vile quanto più ero casto”. Giunto poi a Cartagine, città tra le più corrotte dell’antichità, vi trovò l’habitat più congeniale. Frequentava i teatri dove venivano rappresentate commedie oscene. E si unì ad una giovane, dalla quale ebbe un figlio, Adeodato. Tutto questo, ed altro, serve come introduzione ad un suo famoso aforisma, che suona così: “Di certo da una volontà perversa è stata fatta la libidine, e mentre si è schiavi della libidine, si forma una consuetudine e mentre non si resiste alla consuetudine, si forma una necessità” (Confessioni 8,5.10). Dice questo Agostino mentre, deciso a convertirsi, ancora non riesce a vincere la passione sensuale. E riconosce di non riuscire a svincolarsi dalla passione perché nel frattempo, non avendo posto resistenza, era diventata una catena. Dio poi lo ha sciolto anche da quella catena, grazie alla forza della Parola contenuta nella lettera ai Romani che gli capitò sotto gli occhi e gli folgorò l’anima. Quanto è vera quella sequenza: vizio praticato, abitudine, necessità! È la legge della droga. Come a dire: non entrare nel tunnel! La miglior medicina per qualsiasi malattia, soprattutto quella spirituale-morale, è la prevenzione.
† Giuseppe Zenti
Vescovo emerito di Verona
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