Il rapporto con il Signore è sempre personale
“Oggi, credenti e non credenti sono d’accordo sul fatto che la terra è essenzialmente eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti” (93). Non c’è dubbio che una tale affermazione dell’enciclica Laudato si’ ha dell’audacia, in quanto esprime sì un desiderio e un auspicio ma, purtroppo, non trova ampia attuazione nella realtà. “Regola d’oro” definisce l’enciclica, sempre nel presente significativo paragrafo “il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni” (Ivi).
“Oggi, credenti e non credenti sono d’accordo sul fatto che la terra è essenzialmente eredità comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti” (93). Non c’è dubbio che una tale affermazione dell’enciclica Laudato si’ ha dell’audacia, in quanto esprime sì un desiderio e un auspicio ma, purtroppo, non trova ampia attuazione nella realtà. “Regola d’oro” definisce l’enciclica, sempre nel presente significativo paragrafo “il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni” (Ivi). E prosegue: “La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata” (Ivi). E come già scrisse san Giovanni Paolo II: “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno” (Ivi). E riprendendo una vecchia immagine, quella dell’ipoteca, prosegue rimettendo in chiaro il rapporto tra proprietà privata e bene comune: “La Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato” (Ivi). Di fatto “ogni contadino ha diritto naturale al possesso di un appezzamento ragionevole di terra, dove possa stabilire la sua casa, lavorare per il sostentamento della sua famiglia e avere la sicurezza per la propria esistenza” (94). Il possesso dei beni della terra non autorizza a ritenersene padroni assoluti. Della terra e dei beni in genere l’uomo è amministratore a beneficio di tutti (cf 95). Sull’orizzonte di questi fondamentali diritti di tutti gli uomini, si impone con maggior evidenza lo scandalo della sperequazione che vede come “un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere” (Ivi).
L’esempio più convincente di come rapportarsi verso il creato è dato da Gesù che nei confronti dei passeri del cielo, dei gigli del campo e del biondeggiar delle messi si commoveva e con tenerezza li contemplava (cf 96): “Gesù viveva una piena armonia con la creazione, e gli altri ne rimanevano stupiti: «Chi è mai costui al quale persino il mare e i venti obbediscono?». [...] Era distante dalle filosofie che disprezzavano il corpo, la materia e le realtà di questo mondo. [...] Gesù lavorava con le sue mani, prendendo contatto quotidiano con la materia creata da Dio, per darle forma con la sua abilità di artigiano. […] Così ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione” (98).
Molto opportunamente l’enciclica fa risaltare la dimensione cristologica della creazione rilevata dalla Parola di Dio: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (99, dove riporta il testo di Col 1,16, ma dove fa anche esplicito riferimento al prologo di Giovanni che “mostra l’attività creatrice di Cristo, come Parola divina-Logos”). Altra osservazione, teologicamente fondante: “Questa Parola-Logos «si fece carne»”. Il Figlio Logos fatto carne sta all’origine della creazione come suo principio e la sostiene nel tempo: “Tutte le cose in lui sussistono” (Col 1,17). Cristo ha il potere su tutte le cose; è presente e operante “in modo nascosto nell’insieme della realtà naturale, senza per questo ledere la sua autonomia” (Ivi). Per dirla sinteticamente: “È presente in tutto il creato, con la sua signoria universale”, fino a “quando il Figlio consegnerà al Padre tutte le cose” (100), dopo averle interamente sottomesse al suo potere.
† mons. Giuseppe Zenti
Vescovo di Verona