La buona notizia della venuta del regno di Dio irrompe nella vita quotidiana
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Il Vangelo secondo Marco presenta già nel primo capitolo l’inizio del ministero pubblico di Gesù e del cammino di discepolato. Se tale scelta narrativa può apparire un po’ brusca ed eccessivamente rapida come partenza, può essere d’aiuto soffermarsi a riflettere sul fatto che quando si pensa ad alcune esperienze o realtà che hanno segnato in maniera forte e indelebile la vita si è costantemente interessati a trovare il momento in cui tutto è cominciato, il momento che ha determinato uno spartiacque, che ha visto tutto quanto assumere un peso e un significato nuovi. È la ricerca dell’inizio, una ricerca che scruta e tiene conto anche degli eventi che hanno contribuito a creare il tempo opportuno della svolta. Per l’evangelista ciò che si appresta a narrare prende il via proprio da qui: dalla proclamazione da parte del Nazareno che il tempo è compiuto e dall’invito a convertirsi e a credere al Vangelo.
Il tempo opportuno che Marco descrive nei primi versetti del suo vangelo inizia dopo l’arresto/consegna di Giovanni Battista quando, a fronte del tentativo di zittire colui che era la voce, giunge l’ora di fare spazio a Colui che è la parola. Non è più il momento dei profeti, il tempo propizio di Dio, dell’avvento del suo regno è finalmente giunto e ora è l’uomo che è chiamato ad implicarsi e agire di conseguenza. Non essendo esplicitati i destinatari di tale annuncio è lecito suppore che esso sia rivolto a tutti, che abbia un’apertura universale nei confronti di chiunque desideri sentirlo e farlo proprio. Ecco il senso degli imperativi che esortano a convertirsi e a credere al Vangelo: essi invitano ciascuno a non smettere di alimentare la propria fede e a non rendere la conversione qualcosa di assodato e scontato perché avvenuto una volta per tutte. All’azione di Dio che si fa sempre più vicino deve corrispondere l’azione di risposta libera dell’uomo che continua a conformare la sua vita alla parola del Vangelo.
È un annuncio felice, gioioso quello che Gesù compie: ci sarebbe da domandarsi se oggi siamo in grado di cogliere la letizia che queste parole portano con sé; ci si potrebbe interrogare su come reagiamo dinnanzi alla richiesta di conversione che ci viene rivolta, se la viviamo come possibilità nuova o piuttosto come l’ennesima cosa da fare o a cui pensare, per la quale molto probabilmente non abbiamo tempo. Di fronte a certe questioni pare davvero che per noi il tempo non sia mai quello opportuno.
Narrando subito dopo la chiamata dei primi discepoli, Marco mette in risalto come la buona notizia della prossimità del regno di Dio faccia irruzione nella quotidianità di vita lavorativa e di famiglia di coloro che vengono chiamati. Gesù è colui che si assume l’iniziativa di tutta la vicenda: è Lui che si mette in movimento presso il mare di Galilea, è Lui che vede, pone il suo sguardo elettivo sugli uomini ed è sempre Lui che rivolge la parola a coloro che desidera come suoi seguaci. L’oggetto del vedere del Messia sono persone chiamate per nome e solo in seguito descritte nelle loro relazioni parentali e professionali. Gesù guarda Simone, poi Andrea, Giacomo e Giovanni, così facendo costituisce una relazione particolare, diversa con ciascuno di essi. La parola che rivolge loro non chiede comprensione di contenuti, bensì invita a mettersi in movimento («Venite dietro a me»; Mc 1,17), a coinvolgersi nel cammino da Lui tracciato. L’effetto che la chiamata produce è duplice ed è espresso dai verbi lasciare e seguire. Le due coppie di fratelli per rispondere non esitano a lasciare famiglia e mestiere, ossia ciò che costituisce la radice identitaria di ciascuno (famiglia) e ciò che garantisce sicurezza, stabilità e riconoscimento sociale (lavoro). In maniera essenziale e scarna viene descritto un sostanziale cambio di vita che permette di cominciare un percorso inedito; come in ogni momento di nascita è necessario un distacco, una separazione che permette l’inizio di una esistenza nuova.
Davanti alla prontezza e alla risolutezza che mostrano i chiamati si potrebbe essere colti dalla tentazione di considerarli così eccezionali da non poter essere emulati. La loro vicenda, però, ci racconta un’altra storia: Simone, come pure gli altri tre in diversa misura, spesso mostrerà di non capire nulla di Gesù, a volte lo contraddirà, dormirà invece di vegliare e giungerà perfino a rinnegare il suo Maestro. Questi di cui ora si legge che “abbandonarono tutto e seguirono Gesù” sono gli stessi di cui si leggerà che nell’ora più dura “abbandonato Gesù, fuggirono tutti” (Mc 14,50).
La sequela per Marco non è, quindi, una certezza che deriva automaticamente da una decisione iniziale, bensì un cammino che richiede costanza e determinazione, accessibile a tutti ma non per questo meno impegnativo o esigente.
Didiscalia quadro: Domenico Ghirlandaio e aiuti, Vocazione dei primi apostoli (1481-82), affresco, Città del Vaticano, Cappella Sistina
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