Quando una scelta fa andare in crisi
Un padre, una figlia
(Romania/Francia/Belgio, 2016)
regia: Cristian Mungiu
con: Adrian Titieni, Maria-Vitoria Dragus, Lia Bugnar
durata: 128’
Valutazione Cnvf: consigliabile/problematico/dibattiti
Non capita spesso, purtroppo, soprattutto a casa di un mercato della distribuzione cinematografica come quello italiano, che è quanto di più pigro si possa immaginare, ma ogni tanto anche nelle sale alla portata di tutti, e non solo in quelle occasionali dei festival, spunta qualche titolo di grande interesse.
È il caso di questo film del rumeno Cristian Mungiu, che nel 2007 vinse con gran merito la Palma d’oro a Cannes con il drammatico e bellissimo Quattro mesi, tre settimane e due giorni, e che torna con un’opera di altrettanto valore.
Là il tema era quello delle maternità indesiderate e dell’aborto, qui è quello del rapporto tra un padre e una figlia, ma il segno della continuità tematica e d’autore è rappresentato dall’interrogarsi sulle proprie convinzioni e sulla coerenza tra ciò in cui si crede e i comportamenti concreti.
Romeo Aldea lavora come medico in un ospedale della Romania. È un uomo integerrimo, che ha sempre condotto vita sia professionale che privata di estremo rigore. Ha una figlia, Eliza, che è oggetto di grande amore e attenzione. Eliza sta per diplomarsi e ha in vista la possibilità di andare a studiare in una università inglese. Accade però che la ragazza proprio poco prima della prova d’esame scritta subisca una brutale aggressione, che pone in serio pericolo il risultato scolastico.
Contraddicendo ai suoi principi più saldi, il padre si dispone a chiedere un trattamento di favore per la figlia, offrendo in cambio una sua compromissione professionale.
In una società come quella italiana, che a volte pare rasentare livelli di cinismo davvero imbarazzanti, forse a qualcuno potrebbe far sorridere l’idea che un uomo vada in crisi quando debba scegliere fra le proprie idee e la convenienza per un componente della sua famiglia. Si tratta invece di un dilemma con enormi implicazioni morali ed etiche, che Mungiu affronta costruendo situazioni e personaggi di grande profondità, senza concedere nulla né al facile sentimentalismo e neanche alla risposte rapide e di comodo.
In questo modo l’interrogazione che ci viene proposta su questioni che sembrano solo personali diventa un gigantesco punto di domanda sullo stato della salute morale non solo della Romania ma dell’Europa intera. Le risposte che vengono date non sono ottimiste e rasserenanti, ma in questo caso è la domanda che conta ed è una domanda che ciascuno di noi non dovrebbe mai smettere di porsi.