Amici per sempre anche oltre la morte
Giovedì 19 a Villa Buri il toccante spettacolo teatrale Pierre e Mohamed. Ne parliamo con l’attore veronese Lorenzo Bassotto
La storia di un’amicizia. Quella tra un vescovo cattolico, il domenicano franco-algerino Pierre Claverie, e un giovane musulmano, Mohamed Bouchikhi che lo aiuta in vescovado e, quando è necessario, gli fa da autista. Siamo in Algeria, Paese che nel decennio di guerra civile (1992-2001) ha contato 150mila morti. È un giovedì il 1° agosto 1996 e Claverie, vescovo di Orano, si reca ad Algeri per incontrare il ministro degli esteri francese Hervé de Charette, in visita ufficiale. Alla sera in aereo rientra nella sua città e ad attenderlo all’aeroporto trova il 21enne autista e la scorta della polizia che accompagna la Peugeot 205 fino all’ingresso del vescovado. Varcato il portone e scesi dall’auto, Mohamed prende la valigia del vescovo ed entrambi stanno per entrare in casa ma nel varcare la porta un ordigno esplode ed entrambi finiscono dilaniati. Claverie è l’ultimo dei 19 martiri di Algeria (preti, suore, monaci, consacrati), uccisi dal terrorismo islamista tra il 1994 e il ’96 e beatificati il 7 dicembre dello scorso anno.
Ed è appunto alla storia dell’amicizia tra il presule algerino e il suo giovane collaboratore, raccontata in un libro dal domenicano Adrien Candiard, che è ispirato il monologo teatrale Pierre e Mohamed che, dopo oltre 1.500 repliche in Francia e in altri sette Paesi, è ora proposto anche nella versione italiana e verrà messo in scena a Verona giovedì 19 settembre alle 20.45 a Villa Buri (via Bernini Buri 99, a San Michele Extra, ingresso libero a offerta libera), sede operativa della Emi (Editrice Missionaria Italiana) che produce lo spettacolo insieme all’Aircac (Associazione internazionale di ricerca e di creazione artistica contemporanea). Il monologo, con la regia e le musiche eseguite dal vivo da Francesco Agnello, ha esordito in prima nazionale lo scorso 22 agosto al Meeting di Rimini. Abbiamo incontrato l’attore veronese Lorenzo Bassotto che è l’interprete del monologo e impersona entrambi i protagonisti della vicenda.
«Nello spettacolo le parole di Pierre sono tratte da scritti od omelie, riportate con una sequenza drammaturgica logica – spiega Bassotto –. Invece i monologhi di Mohamed sono immaginari anche se Candiard si è documentato ricostruendone la personalità sulla base dei rapporti che aveva con la famiglia, con il vescovo, con la comunità cristiana di Orano. L’unica cosa rimasta di Mohamed è un taccuino con il suo testamento spirituale, che è molto toccante proprio perché sono parole sue, reali, molto forti e potenti nella loro semplicità». E questo breve testo viene letto non durante lo spettacolo, ma al termine, quando gli interpreti sul palcoscenico vengono a raccogliere gli applausi del pubblico. Un po’ come se in un film un contenuto rilevante venisse collocato nei titoli di coda. «In quel testamento diceva addio a quelli che lo avevano amato e chiedeva a Dio nella sua onnipotenza di essere sottomesso a Lui e di dargli la sua tenerezza».
Il tema dell’amicizia è quello predominante nella pièce. Del resto, mette in luce Bassotto, «il vescovo Pierre Claverie diceva che per superare tutte le difficoltà, le crisi, la violenza, l’incomprensione ci vuole il dialogo, ma prima del tempo del dialogo è necessario il tempo dell’amicizia, quella che permette la parola vera, la parola che ascolta, quella che non nega l’altro cercando di convincerlo. E il Vescovo cercava di vivere quotidianamente l’amicizia non solo con il suo autista, ma con tutte le persone di Orano. Mohamed afferma: “Aveva sempre l’occhio scintillante e sfoderava sempre un sorriso che faceva sorridere anche te, salutava sempre tutti e dava il suo tempo a chi si rivolgeva a lui” proprio perché era convinto che il tempo vissuto nell’amicizia, quindi nella condivisione anche di cose semplicissime come quando si sta con un amico, fosse la chiave per aprire le porte del dialogo, quindi della comprensione più elevata dell’altro». In un passaggio della pièce Mohamed gli dice: “Visto che conosci così bene l’islam, perché non diventi anche tu musulmano?”. E Pierre risponde che lui non è lì né per convertire, né per convertirsi. È lì “perché i credenti possano parlarsi. Il dialogo non è polemica, non consiste nell’ascoltare l’altro per convincerlo che ha torto, ma consiste nell’ascoltarlo per capirlo”. «Proprio queste parole danno l’idea del personaggio. Claverie era un vescovo, parlava alla tv, in Francia in quel periodo era conosciutissimo perché spingeva per risolvere i problemi di comprensione», ricorda l’attore. «A un certo punto, dopo l’uccisione dei sette monaci di Tibhirine (rapiti in monastero nella notte tra il 26 e il 27 marzo, la notizia della loro morte venne resa nota il 23 maggio ’96, ndr) Pierre dice a Mohamed che la situazione sta diventando pericolosa e quindi preferisce che egli se ne vada a casa, che non faccia più il suo autista, che non gli stia vicino. Percepiva che sarebbe morto anche lui, essendo troppo esposto e attivo. E Mohamed nella sua semplicità di ragazzo di 21 anni gli dice: “No, io sono conscio del pericolo ma è fuori discussione che io la possa abbandonare”. In un momento ovviamente immaginario, Mohamed afferma: “Ho fatto la mia scelta, senza amarezza, senza gioia, sa Dio quanto io non voglia morire, non c’è nessuna gioia nel morire a 21 anni”. E poi dice una cosa che per me è difficilissima da esprimere senza commuovermi: “Dio, se Pierre deve morire, fammi essere con lui in quel momento perché sarebbe molto triste che Pierre che ha sempre amato così tanto l’amicizia, non avesse un amico al suo fianco per accompagnarlo nell’ora della morte”».
Lo spettacolo, nato in Francia, nella sua prima rappresentazione ebbe solo quattro spettatori, ma dopo una settimana la sala era piena, suscitando un interesse tale da essere inserito pure in cartelloni di teatri nazionali («è stato presentato anche al Festival di Avignone registrando sempre il tutto esaurito», segnala Bassotto), oltre che in carceri e ospedali. «La cosa bella – aggiunge l’interprete – è che veramente può essere rappresentato ovunque, in quanto la scenografia è limitata a pochi oggetti, non c’è nessun effetto di luce particolare, quindi in qualsiasi luogo questa parola potente è in grado di arrivare».
Il monologo, nella versione originale in francese interpretato dall’attore Jean-Baptiste Germain, è stato rappresentato anche a Orano con la madre di Mohamed Bouchikhi tra il pubblico. «Su YouTube c’è un video nel quale questa donna dice una cosa molto toccante: “Mio figlio e il vescovo erano amici nella vita, lo saranno anche nella tomba”». Infatti l’esplosione dilaniò i corpi al punto tale da non essere ricomponibili, per cui nella stessa tomba si trovano brandelli di entrambi.
«Lo spettacolo ha una grande forza che noi cerchiamo di far passare. Mi piace dire di essere uno strumento di questa storia, che poi a pensarci bene gli attori sono sempre strumenti dei loro personaggi, però in questo caso è ancora più potente», conclude Bassotto.
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