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Verona non sale in bici, ma è un’occasione da sfruttare

La nostra città è poco amichevole con le due ruote. Ma l’aria sta cambiando. L'impegno dell'amministrazione sul piano della viabilità e quello dei cittadini sul piano della mentalità...

Parole chiave: Piste ciclabili (2), Verona (228), Mobilità (6), Bicicletta (6)
foto di bicicletta con sondo di Verona

Verona non è una città molto amichevole nei confronti dei ciclisti: pochissime piste ciclabili, un’occasione mancata anche per ridurre il traffico e l’inquinamento. Ma qualcosa sta cambiando: la Fiab avanza proposte interessanti di utilizzo dei bastioni e dei lungocanali cittadini, mentre il vicesindaco Luca Zanotto promette nuovi percorsi sicuri di collegamento di certi quartieri con il centro. Ma ci vuole una pianificazione complessiva della questione. Intanto Cosmobike, la fiera delle due ruote svoltasi di recente a Verona, testimonia un mondo in piena crescita sia nell’offerta che nell’interesse dei tantissimi visitatori.

E pensare che la bicicletta aiuterebbe Verona ad avere aria più pulita... 
Una città non molto amichevole con le due ruote: miopia
Ce ne sono da corsa e da città, le mountain bike e quelle pieghevoli, a scatto fisso, da downhill (ripide discese in fuoristrada), le bmx e i modelli vintage, con linee e telai ispirati al passato. Quello delle biciclette è un comparto in espansione, anzi in esplosione; eppure la città di Verona non sembra recepire, o meglio, recepisce solo in parte e la mobilità sulle due ruote nel capoluogo è ancora un miraggio. Sarebbe bastato infilare il naso all’interno di CosmoBike Show, svoltosi in Fiera la scorsa settimana, per comprendere quanto l’universo della bici stia attirando attenzioni da un numero crescente di appassionati. Non solo l’infinità di modelli in mostra o l’accessoristica oltre ogni immaginazione, pure le migliaia di itinerari e percorsi presentati negli stand testimoniano l’esistenza di un mercato (e quindi una richiesta) che offre occasioni e logiche viabilistiche inedite. Complice la rinnovata attenzione alla sostenibilità ambientale, così come la possibilità di “agevolare” la pedalata o di rendere meno ripide le salite grazie alle bici elettriche a batteria, un pubblico sempre più eterogeneo sta letteralmente riscoprendo questo mezzo. Per le strade, insomma, non c’è più solo lo sportivo della domenica, con attrezzature che costano più di un’utilitaria; ma anche turisti, studenti, lavoratori, anziani che hanno iniziato a muoversi quotidianamente su sellino e pedali. È un cambio di mentalità e di coscienze, perché se un tempo il ciclista quotidiano era considerato uno squattrinato con qualche velleità ecologista, oggi da molti è guardato con ammirazione, se non con invidia, per la possibilità di fare attività fisica e di spostarsi nel rispetto dell’ambiente. Così molte città stanno spingendo in questa direzione, prendendo la scia – per usare una metafora spiccatamente ciclistica – di questa nuova sensibilità per trasformare quartieri e centri storici in località bike friendly, ossia a misura di bici. Non si parla qui di cicloturismo, di itinerari per scampagnate e uscite fuori porta, ma di vera e propria mobilità urbana. Verona, a guardarla sulla cartina sembra fatta apposta. Praticamente pianeggiante, se si eccettuano le Torricelle, che comunque non hanno grossi insediamenti abitativi né attrattori di interesse (cioè luoghi dove debba recarsi una grande massa di persone come scuole, ospedali, centri commerciali); con un’estensione ridotta, poiché i quartieri più popolosi non distano più di cinque chilometri dal centro; anche il clima (purtroppo) oggi pare adeguato, sempre più mite e sempre meno piovoso. Insomma le premesse sembrano esserci tutte; viene da chiedersi cosa sia a frenare l’amministrazione comunale – questa come le precedenti – dal porre in atto le misure necessarie a trasformare Verona in una rete di percorsi ciclabili sicuri, con corsie dedicate, attraversamenti ben segnalati, qualche protezione nelle zone più esposte. Volendo esagerare, si potrebbe ipotizzare pure qualche parcheggio e un’integrazione con i mezzi pubblici, un pizzico di promozione sul territorio e magari degli incentivi economici. Non serve altro. E non serve nemmeno un ingegnere per capire che potrebbe essere una svolta autentica per il traffico cittadino. Magari non risolverebbe l’insufficienza strutturale della rete viaria, oggi al collasso, ma sarebbe un palliativo low cost (molto più del filobus e di qualunque tipo di traforo). Senza opere faraoniche; un investimento a lungo termine sulla qualità di vita dei cittadini; così è stato finora in tutte le città divenute “ciclabili”. Forse servirebbe una vision moderna o una prospettiva d’insieme da parte di chi amministra. O forse sono i veronesi a non essere ancora pronti. Alternative reali, però, al momento non se ne vedono.
Andrea Accordini

«Vedremo più ciclisti se non si rischia di morire» 
La Fiab: puntare su bastioni e lungocanali
Alla luce della grande contraddizione della viabilità scaligera, quella appunto di una naturale e intrinseca vocazione per la bici, a oggi del tutto irrealizzata ma nemmeno mai concretamente considerata, abbiamo provato a confrontarci con chi quotidianamente e da diversi anni si è fatto alfiere del mezzo ecologico per eccellenza: la Fiab. La Federazione italiana ambiente e bicicletta è una rete di associazioni locali che si occupa di promuovere l’utilizzo delle due ruote sia in ambito di mobilità urbana che nel contesto del cicloturismo. Attraverso gli oltre 140 circoli locali, questa onlus cerca di sorvegliare infrastrutture e percorsi esistenti, e proporre nuove idee a favore della circolazione sicura e confortevole della bicicletta e, più in generale, per migliorare la vivibilità urbana. La continua pressione su amministratori e decisori politici nel tentativo di scucire loro interventi e misure a favore di ciclisti, così come il contatto diretto con numerosi amanti del pedale, nato da anni di manifestazioni e attività (anche di grande valore sociale) sul territorio, hanno reso Fiab un punto di riferimento riconosciuto per chiunque voglia approfondire il tema della viabilità ciclistica. Presidente della sezione veronese (Fiab Verona – Amici della bicicletta onlus) è Corrado Marastoni (nella foto), a cui abbiamo chiesto qualche opinione sulla situazione del capoluogo. – Presidente Marastoni, pensa si possa definire Verona “bike friendly”, città a misura di bicicletta? «Ancora no, sebbene con grande lentezza stia cambiando. Siamo indietro, ma qualcosa si sta muovendo» – Eppure avrebbe le carte in regola per esserlo: l’estensione di pochi chilometri e il territorio pianeggiante non sono requisiti così scontati... «Non solo, Verona ha due caratteristiche straordinarie che la rendono quasi unica: una cinta muraria, tra l’altro è patrimonio Unesco, che sarebbe luogo ideale per realizzare percorsi ciclopedonali che abbraccino il centro; e una rete di canali, le cui sponde, se sfruttate a dovere, diventerebbero delle vie ideali per la mobilità sostenibile. Penso al Biffis, al Camuzzoni, l’Adige stesso, anche verso San Giovanni Lupatoto. Quindi i margini sono enormi, però si avanza molto, molto lentamente». – Cosa servirebbe per fare un reale salto di qualità? «Servirebbe una certa lungimiranza, capendo che la città ne ha bisogno. Verona ha notori problemi di inquinamento, dati dalla circolazione d’aria molto limitata; le auto oggi entrano liberamente in centro storico, bisognerebbe limitare gli ingressi e che all’interno delle mura magistrali ci si muovesse essenzialmente con mezzi pubblici, come avviene in altre città europee. Però questo è sempre un tasto delicatissimo, gli amministratori fanno fatica ad andare in questa direzione per le proteste dei commercianti, dell’Aci… I problemi sono evidenti, le soluzioni anche. Ci si arriva piano piano: ci sono tre ciclabili nel centro di Verona che stanno per nascere, la direzione è quella giusta». – Quali sono queste tre infrastrutture in partenza? «Una, i cui lavori partiranno a inizio marzo, andrà da Porta Palio fino a Castelvecchio e all’imbocco di via Roma, lungo stradone Porta Palio. Ci sarà il completamento del tratto da Boscomantico fino alla Stazione di Porta Nuova: dalla fine della ciclabile di Bussolengo, lungo la discesa che conduce alla diga del Chievo, e poi da via San Marco fino alla stazione. Infine la ciclabile che dal Saval passerà da San Zeno e arriverà in piazza Bra. Anche qui i tempi si stanno dilatando: ripeto, la direzione è quella giusta, anche per aver avuto il coraggio di iniziare a parlare di micro-mobilità; ma si procede con grande lentezza». – C’è una ritrosia da parte del veronese medio ad usare la bici? O dipende solo dalla carenza delle infrastrutture? «Io credo che siano entrambe le cose, però la mancanza di infrastrutture sicure è determinante. Non occorre convincere noi di Fiab a utilizzare la bici, ma chi ancora non ci va. Per farlo, occorre dimostrare che è un mezzo sicuro e conveniente; serve che chi va in bici non rischi la vita e possa raggiungere la destinazione anche più velocemente che col mezzo a motore. Così per la scuola, se fossi un genitore avrei seri patemi a mandare mio figlio in bici con il traffico cittadino. Mettere in sicurezza il percorso dalle abitazioni agli attrattori è un passo fondamentale per convincere la gente ad andare e a far andare i figli in bicicletta. Indispensabile, quindi, è migliorare la rete: non lo ordina il dottore di andare in bici, le persone scelgono in base alla convenienza del mezzo». [A. Acc.]

«Noi cambieremo le strade e i veronesi la mentalità» 
Il vicesindaco Zanotto: ecco i piani dell’amministrazione
Dal Comune di Verona arrivano segnali incoraggianti, la volontà di dare una svolta alla mobilità sostenibile cittadina è confermata dal vicesindaco Luca Zanotto, che detiene le deleghe a traffico e viabilità. Zone 30 in Borgo Trento; ciclabili e incremento del bike sharing (il noleggio breve da un punto all’altro della città), anche con l’e-bike, per collegare i quartieri; corsie preferenziali per i mezzi pubblici. Sono tutte misure ben chiare nella mente dell’amministrazione, ora ferma alla fase di pianificazione. Lo strumento da utilizzare è il Piano urbano della mobilità sostenibile, in fase di redazione; sarà pronto in 3-4 mesi, assicura Zanotto. Da lì partirà poi la fase di progettazione, la ricerca di finanziamenti e tutto l’iter burocratico per realizzare nuovi interventi. Step fondamentale è però la sensibilizzazione dei veronesi: «Dai dati che abbiamo, emerge che l’abitudine oggi sia l’utilizzo dell’auto a prescindere. Il 65% delle persone si sveglia e non pensa a quale sia il mezzo migliore per raggiungere la propria destinazione. La gran scommessa è invertire questa mentalità comune». Un passaggio che necessita però di un trasporto pubblico e una rete ciclopedonale competitiva con l’auto. «Ovviamente bisogna infrastrutturare la città. La viabilità ordinaria ormai ha raggiunto il limite, Verona per la storia e la grandezza che ha non può più introdurre grandi strade. Si possono però ricavare piste ciclopedonali che, in sfregio a quello che è l’esistente, cerchino di migliorare la fruibilità della città rispetto a questo pubblico sempre più numeroso». In cantiere la ciclabile di stradone Porta Palio «che ovviamente andrà a sacrificare parte del sedime della strada originaria». Nel 2021 si vedrà in opera la ciclabile Saval-San Zeno, per unire uno dei quartieri più popolosi con il centro storico fino a Ponte Catena. «È una maniera per mettere in collegamento pezzi di ciclabili esistenti e quartieri che oggi una loro ciclabilità non ce l’hanno, ma almeno riusciranno ad inserirsi sulla rete esistente». Anche le zone 30 (con limite a 30 km/h) sarebbero ben accolte dall’amministrazione. «Ho sempre considerato Borgo Trento come possibile zona 30 – conferma il vicesindaco – perlomeno la parte sud dell’Arsenale. Purtroppo le vie del quartiere non consentono di avere chissà quali ciclabili; pertanto se l’alternativa deve esserci, non può che essere attraverso le zone 30». Nessuna novità invece per quanto riguarda la Ztl, non sono previsti ampliamenti, anche se non sono da escludersi dopo la pianificazione e l’analisi del Pums. «Si potrebbe però pensare a una maggiore pedonalizzazione della Ztl, come fatto in via Rosa». Sicuramente a breve si assisterà al raddoppio delle stazioni del bike sharing (da 20 a 40), con le nuove che saranno installate nei borghi Roma, Milano e Venezia, mentre in centro saranno potenziate quelle di Porta Nuova e Porta Palio. Inoltre, pensando a chi dovrà fare un tratto maggiore di strada, ci sarà uno sviluppo del sistema con l’installazione di biciclette elettriche. «Siamo stati tra i primi in Italia a introdurre il monopattino elettrico, strumento in grande sviluppo e con una legislazione in evoluzione», ma l’intero comparto elettrico è da monitorare, «abbiamo flussi turistici nordeuropei provenienti dal lago con la bici elettrica. Ci sarà da fare un ragionamento molto importante, anche per chi sta fuori da Verona». Dalla mobilità sostenibile non è escluso poi il trasporto pubblico. «Altro tema molto importante è quello delle corsie preferenziali – prosegue Zanotto – perché se il servizio pubblico non migliora, divenendo più veloce dell’auto privata, la gente non lo utilizza».
Andrea Accordini

Il Governo spinge le due ruote 
Stessa dignità degli altri mezzi di spostamento
Più «democrazia dello spazio stradale» e più sicurezza. È il duplice obiettivo posto dall’on. Diego De Lorenzis, vice presidente della commissione Trasporti della Camera, presente sabato alla fiera CosmoBike Show. «In sette anni in cui sono stato in Parlamento – spiega l’onorevole pentastellato – ho visto una contrapposizione ideologica tra gli utenti della strada: i pedoni devono stare sul marciapiede! I ciclisti sulle piste ciclabili o magari sui sentieri di montagna! E le auto poi tipicamente vanno a parcheggiare su marciapiedi e piste ciclabili...». Lo sforzo del Governo non sarebbe quindi esclusivamente quello di dare strumenti legislativi e finanziari alle amministrazioni per realizzare nuove infrastrutture, ma anche di «raccontare una visione diversa, in cui non c’è contrapposizione tra le categorie di utenza» della strada e in cui possa realizzarsi un «principio del rispetto reciproco, dove chi aè più forte si prende cura di chi è più vulnerabile». Con questa prospettiva, prosegue De Lorenzis, è stata emanata la legge 2/2018 che «dà alla bicicletta la dignità di qualunque altro mezzo di spostamento»; come tale quindi è inserita nelle attività di sviluppo del ministero dei Trasporti e, di conseguenza, necessita di interventi che ne garantiscano una crescita adeguata. Nel dettaglio, poi, ogni Comune deve oggi dotarsi di un Biciplan, un piano/programma della mobilità ciclistica di medio periodo, che individua i principali percorsi ciclabili da realizzare, esplicitandone chiaramente la tipologia, la priorità e la gerarchia. Inoltre deve descrivere le campagne di sensibilizzazione da realizzarsi per promuovere l’uso della bici e i principali ciclo-servizi previsti, come parcheggi protetti, ciclonoleggi, intermodalità con il trasporto pubblico. Accanto a questa legge però, sono necessari anche interventi di modifica del Codice della strada che possano tutelare gli utenti deboli, perché «altrimenti non ci sarà mai quel cambiamento culturale che permetterà a bambini, a disabili e ad anziani di muoversi in sicurezza». Sulla sicurezza però diventano indispensabili alcune soluzioni viabilistiche, tanto agognate dai ciclisti dei centri urbani. Oltre alle zone a traffico limitato, si parla delle cosiddette “zone 30”, in cui il limite per qualunque mezzo sia di 30 chilometri orari. Non è sufficiente però imporre un limite ed effettuare degli sporadici controlli; occorre introdurre alcuni accorgimenti come il “disassamento stradale”, ossia l’introduzione sui rettilinei di chicane ogni 20 o 30 metri che impongano al veicolo continui spostamenti che impediscano fisicamente l’aumento di velocità. Il modo più semplice per attuarlo è l’alternanza a tratti della sosta auto da un lato all’altro della strada. Altra misura richiesta è l’applicazione diffusa dei “sensi unici eccetto bici”, già sperimentata anche in Italia. Secondo le associazioni di categoria, infatti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tale soluzione ha come effetto anche la riduzione dell’incidentalità non solo fra bici e auto, ma in generale tra tutti i mezzi, poiché impone implicitamente a tutti i conducenti la massima attenzione e una velocità moderata. Nel complesso, però, ciò che si rivela indispensabile per mettere in piedi un sistema viabilistico ciclabile urbano credibile è l’unione di tutte le vie dedicate alle bici; solo una rete in grado di assicurare all’utente una continuità di “zone franche” o di garantire comunque una tutela della propria incolumità diventa realmente attrattiva. [A. Acc.]

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Verona non sale in bici, ma è un’occasione da sfruttare
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