E non ricordarsi più dove sia casa...
È difficile descrivere il senso di profondo smarrimento e disorientamento che colpisce, all’improvviso, un malato di Alzheimer.
Uscire di casa una mattina per prendere il giornale e non ricordare più qual è la strada di casa.
È difficile descrivere il senso di profondo smarrimento e disorientamento che colpisce, all’improvviso, un malato di Alzheimer. Eppure, in molti casi, la patologia si manifesta così: con piccole lacune nella memoria. Poi possono sopraggiungere difficoltà nel gestire alcuni momenti della giornata, ad esempio i pasti; problemi con il linguaggio oppure i numeri, cambiamenti di umore e personalità. Tilt della mente che diventano con il passare del tempo più frequenti, in un’evoluzione che attraversa varie fasi e finisce per trascinare con sé l’intero nucleo familiare.
Parlare di Alzheimer oggi implica ampliare la prospettiva alle forme di demenza in generale. Fenomeno i cui numeri, recentemente diffusi dalla Federazione Alzheimer Italia per conto dell’Alzheimer’s Disease International, danno un quadro generale di 46,8 milioni di individui colpiti nel mondo, dei quali un milione 241mila in Italia. Cifra destinata a triplicarsi entro il 2050, con relative conseguenze in termini di costi a gravare sul Sistema sanitario nazionale e, non da meno, sulle famiglie coinvolte. Si vive di più, non è detto in maniera migliore. E questo è uno dei risvolti che la longevità porta con sé, come rovescio della medaglia.
Stringendo il campo su Verona «sono circa 4mila, dei quali 2.336 affetti da qualsiasi tipo di demenza, i pazienti presi in carico dal Centro di decadimento cognitivo dell’Ulss 20», che ha una sede ambulatoriale al Palazzo della Sanità in via Salvo d’Acquisto e l’altra all’ospedale Fracastoro di San Bonifacio, precisa Laura De Togni,dottoressa specializzata in Neurologiache ne è la referente. Agli ambulatori giungono su segnalazione del medico di famiglia, di solito il primo a raccogliere la preoccupazione dei familiari che riscontrano delle variazioni nel comportamento di un congiunto.
A quel punto iniziano le valutazioni mediche, per stabilire un piano d’attività ed arrivare alla diagnosi attraverso visite e test cognitivi, cui seguono monitoraggi periodici soprattutto nel caso di somministrazione di farmaci per il controllo del disturbo comportamentale o cognitivo. Il percorso di cura, lungo e non facile, è affiancato da un servizio di supporto psicologico rivolto alla persona e alla famiglia.
L’Alzheimer, spiega De Togni, «è una malattia neuro-degenerativa progressiva che coinvolge il cervello e prevede una degenerazione dei neuroni cerebrali. Esordisce di solito con un difetto di memoria a breve termine, o con altri disturbi, e coinvolge prevalentemente l’aspetto cognitivo. Ha andamento lentamente ingravescente, con tante variabili». L’età d’esordio nelle forme pre-senili è intorno ai 60 anni, ma può insorgere anche nei grandi anziani, dunque tra gli 80 e 90 anni. Sul piano delle cure, aggiunge, «i farmaci in uso sono gli stessi di venticinque anni fa. Siamo fermi al 1996, alla scoperta degli inibitori dell’acetilcolinesterasi. Da allora novità valide non ne abbiamo avute». Per contro, prosegue, «la patologia è in aumento: l’Organizzazione mondiale della Sanità parla, a livello mondiale, di un caso registrato ogni tre secondi. L’unico dato scientificamente provato è che la buona scolarità protegge, perlomeno, dai tempi di manifestazione clinica. Tutto il resto non è validato dalla scienza».
Anzi, si può parlare ormai di una vera pandemia, cui l’Italia ha iniziato a rispondere, come hanno fatto del resto altri Paesi, stilando nel novembre del 2014 il “Piano nazionale demenze” cui la Regione Veneto ha aderito: «Un monitoraggio dei Centri che, come il nostro, si occupano di demenza e l’attivazione di una cartella clinica elettronica condivisa e diffusa sul territorio per avere un dato epidemiologico reale». Altro nodo è infatti quello delle diagnosi, che devono essere puntuali ed affinate perché la terapia farmacologica venga somministrata in maniera efficace ai malati. Parlando di demenza ed Alzheimer, conclude la dottoressa, «sono molti i punti di domanda per i quali mancano ancora risposte chiare. C’è insomma parecchio da fare».
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