Quella riparativa è una giustizia “senza spada”
Adolfo Ceretti
Il diavolo mi accarezza i capelli. Memorie di un criminologo
Il Saggiatore – Milano 2020
pp. 334 – Euro 25
Lo conoscono in pochi perché non si esibisce nei talk show; eppure è un criminologo di fama internazionale. A lui, Adolfo Ceretti, dobbiamo l’introduzione in Italia dell’idea di “giustizia riparativa”, cioè di quell’istituto volto ad analizzare il reato non in base alle azioni commesse (che sono l’oggetto della giustizia ordinaria, che accerta e commina pene in rapporto ai delitti), bensì secondo le persone che le hanno commesse e, in particolare, subite.
Un buco nero della giustizia ordinaria, infatti, è sempre stato quello relativo alle vittime: la sola giustizia in cui chi ha subito un torto può sperare è di vedere punito il colpevole, e basta. Gli anni del terrorismo hanno però maturato in Ceretti la persuasione che ciò non bastasse e si doveva offrire a chi aveva ucciso e ai familiari di chi era stato ucciso la possibilità di uscire da quel tunnel di ira, di risentimento e di esclusione da cui sembrava impossibile evadere.
Per spiegare concretamente in cosa consiste la giustizia riparativa, Ceretti, con l’aiuto dell’avvocato Niccolò Nisivoccia, ha scritto Il diavolo mi accarezza i capelli. Memorie di un crimonologo. Il titolo nasce da una lite fra due detenuti, a tal punto violenta da promettersi la morte. «Professò, ogni sera, prima che io mi addormenti, il diavolo viene e mi accarezza i capelli», dice uno dei due a Ceretti. Ma il diavolo è ovunque, non solo in carcere: accarezza i capelli di Erika De Nardo, la sedicenne che insieme al fidanzato diciasettenne decide, il 21 febbraio 2001, di massacrare con un coltello da cucina la madre ed il fratello undicenne; accarezza i capelli dei 6 componenti – di cui cinque poliziotti – della banda della Uno bianca che tra il 1987 ed il 1994, tra rapine a mano armata ed altri reati, provocano la morte di ventiquattro persone ed il ferimento di altre centodue; accarezza i capelli di Sergio Segio, il terrorista di Prima Linea che nel 1980 uccide davanti ad un’aula dell’Università Statale di Milano il magistrato Guido Galli.
La giustizia riparativa, viene implicitamente ribadito nel volume, è un modello di giustizia “senza spada”. Sì, ma cosa è la giustizia? O meglio, quando il debito con la giustizia si può considerare estinto? Più precisamente: fino a che punto una vittima può spingere la sua richiesta di giustizia? La risposta a queste domande è viscerale: avete subito un torto? Chi lo ha fatto dovrà subire lo stesso torto. È in questa dimensione, anche feroce, che Ceretti si è immerso, spiegando nel suo libro che la giustizia terrena può oltrepassare l’aspetto punitivo e cercare di riparare le azioni di donne e uomini, aiutandoli a spostarsi dalla catena di effetti che il crimine (per chi l’ha commesso) e la sete di vendetta (per chi l’ha subito) hanno stretto intorno a loro.
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