Il Fatto di Bruno Fasani
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Il gioco del PokemonGo che scatena i “cacciatori”

Non è cosa agevolissima per uno come me, cresciuto giocando a s’cianco, a nascondino e a tutti quei giochi che domandavano povertà, creatività e fantasia, spiegare cosa sia il PokemonGo. Eppure parlarne è d’obbligo, perché la faccenda non solo sta rivoluzionando le Borse, ma soprattutto il traffico, con tutto quello che ne consegue.

Parole chiave: PokemonGo (1), Il Fatto (439), Bruno Fasani (348)

Non è cosa agevolissima per uno come me, cresciuto giocando a s’cianco, a nascondino e a tutti quei giochi che domandavano povertà, creatività e fantasia, spiegare cosa sia il PokemonGo. Eppure parlarne è d’obbligo, perché la faccenda non solo sta rivoluzionando le Borse, ma soprattutto il traffico, con tutto quello che ne consegue.
Allora, in attesa che qualche nipote o pronipote ce ne dia una dimostrazione pratica, dirò, spiegandolo a spanne, che si tratta di un gioco scaricabile sui nostri smartphone (cellulari per capirci). Il gioco ha una peculiarità e, cioè, che servendosi dei Gps satellitari, ti fa apparire improvvisamente sul telefonino 150 mostricciatoli, i Pokemon appunto, presenti e nascosti virtualmente sul territorio in cui ti muovi. Immaginate, per fare un esempio, che da Verona mi rechi a Carpi. Può essere che uno mi appaia a Verona Nord, poi un altro a Nogarole, quindi a Mantova… L’importante è che quando appaiono, come nella caccia al fagiano, li colpisca subito prima che mi scappino. Pum, pum, pum! Se poi sono bravo a colpire posso unirmi ad altri giocatori, fare squadra… ma qui le cose si complicano e non voglio tediarvi oltre.
Che il gioco abbia una sua genialità bisogna prenderne atto. Se poi si riuscisse a coinvolgere anche chi ha una certa età forse avremmo risolto il problema della riabilitazione fisica. Ve li immaginate gli ospiti di una casa di riposo sgambettare giulivi dentro un parco a caccia di Pokemon? Roba da mandare a spasso i fisiatri.
Purtroppo però la faccenda si fa seria se a farne uso ed abuso sono quelli che le gambe le hanno buone e soprattutto quelli che sono alla guida di un’auto. Senza contare il rischio che il fenomeno si trasformi in una vera e propria mania collettiva. A Ravenna già ci sono maestri pronti a far scuola, mentre qualche altro s’è preso due mesi di aspettativa dal lavoro per girare il territorio a caccia di Pokemon. «Serve per conoscere il mio Paese», ha sussurrato, quasi a dare una veste nobile a una scelta discutibile. Poi, Dio solo sa cosa effettivamente riesca e sia interessato a vedere col naso incollato al cellulare.
Dicevamo del rischio per chi guida. L’allarme viene dalle forze di Polizia. All’80 per cento di incidenti causati dall’uso del cellulare in auto, oggi si aggiungono quelli degli appassionati del PokemonGo. Da una settimana in qua, cioè da quando hanno lanciato il gioco, ormai i casi si moltiplicano. Segno di un’incoscienza in incremento, che sembra non percepire la gravità della situazione.
La speranza è che la legge, sempre che cannabis, fecondazioni varie e adozioni gay non rubino la scena all’infinito, intervenga presto a metterci rimedio. Fa sempre dolore sapere che qualcuno si schianta per rincorrere un Pokemon. Ne fa ancora di più pensare che potremmo essere noi ad essere centrati da qualche giocatore distratto.

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