Se gli ostacoli della vita nascondono un fossato
La vita a volte è complicata come una lunga corsa a ostacoli, cantava Max Pezzali (Io ci sarò, 1998) aggiungendo però che, al nostro fianco, corrono le persone che ci sono care...
La vita a volte è complicata come una lunga corsa a ostacoli, cantava Max Pezzali (Io ci sarò, 1998) aggiungendo però che, al nostro fianco, corrono le persone che ci sono care. Non siamo soli nelle fatiche quotidiane: un problema fisico, lo sgarbo di un collega o semplicemente una giornata storta sono solo alcuni degli ostacoli, piccoli o grandi che siano, che ci tocca saltare. A volte gli ostacoli sono proprio fisici, come quelli che separano i calciatori dai tifosi: reti, recinzioni, muri, cartelli.
Solo in casi particolari – come una promozione in Serie A o la conquista di una coppa – diventano inesistenti, dando vita alle invasioni di campo. Altrimenti l’ostacolo resta. Ed è giusto ma anche un peccato, soprattutto se sei un calciatore che ha appena segnato un gol e vorresti ricevere l’abbraccio dei tifosi. Benjamin Kololli, 26enne centrocampista dello Zurigo (e della Nazionale kosovara), qualche gol ogni tanto lo fa.
Succede anche il 20 settembre, nella trasferta contro i ciprioti dell’Aek Larnaca, prima partita della fase a gironi di Europa League. Dopo un quarto d’ora della ripresa l’arbitro fischia un rigore per lo Zurigo e Kololli si incarica della trasformazione. Pallone a destra e portiere a sinistra, spiazzato. Rimane solo da festeggiare assieme ai tifosi giunti fino all’isola nel cuore del Mediterraneo. Sono lì, a pochi passi. Per abbracciarli, bisogna superare un ostacolo: la fila di pannelli pubblicitari. Benjamin la salta, ma vede un altro piccolo muretto tra lui e i suoi fan. L’ennesimo ostacolo: salta pure quello e sparisce dalla vista di tutti. Sì, decisamente, perché oltre quell’ostacolo c’è un fossato di tre metri. In teoria dovrebbe tenere lontani i tifosi che vogliono andare in campo e non i calciatori che corrono verso la curva, ma l’effetto è lo stesso. «Me ne sono reso conto subito – racconterà Kololli – ma ormai ero già in volo». In quei secondi, c’è chi si è messo le mani nei capelli, chi non si è accorto di nulla e chi si è fatto una risata: ma se Benjamin si fosse fatto male ci sarebbe stato davvero poco da ridere. È andata bene, così come quando – in una partita, ma anche in famiglia o al lavoro – si superano giorno dopo giorno gli ostacoli. Possibilmente, nel modo giusto.
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