Giappone-Belgio ovvero il cuore e la ragione
A molti di noi è capitato di tifare Giappone. Sin da piccoli, quando vedevamo Holly e Benji, cresciuti più velocemente di noi bambini, lasciare i tornei giovanili per andare alla conquista dei mondiali...
A molti di noi è capitato di tifare Giappone. Sin da piccoli, quando vedevamo Holly e Benji, cresciuti più velocemente di noi bambini, lasciare i tornei giovanili per andare alla conquista dei mondiali. Non fu la stagione di quel cartone animato più trasmessa, ma quando capitava in tv non potevamo non stare dalla loro parte (che, dettaglio non trascurabile, era quella dei vincitori). Li vedevamo attaccare in 11, in quei campi che non finivano mai.
Anche nel 2018 è risultato piuttosto semplice sentirci più vicini a Tokyo. L’Italia non si era qualificata ai campionati del mondo e dunque ci toccava scegliere un’alternativa. Il Giappone nei gironi la sua parte l’aveva fatta. Agli ottavi di finale ecco il Belgio, per tanti destinato a un grande mondiale. Courtois in porta, De Bruyne in mezzo al campo, Mertens, Hazard e Lukaku (oggi all’Inter) là davanti. Più altri fior di giocatori titolari nei più grandi club d’Europa. Se però tutto andasse secondo pronostici, non ci sarebbe neppure bisogno di giocarle, le partite. Così, a inizio ripresa, il Giappone infila un uno-due da paura, con Haraguchi e Hinui. Il Belgio sembra alle corde, ma Vertonghen accorcia le distanze con un cross che non voleva andare in porta, ma ci va lo stesso. Pochi minuti dopo il subentrato Fellaini, di testa, pareggia i conti. Non è finita. Il Giappone si gioca la carta Honda (ex Milan) che in un paio di occasioni va vicino al nuovo vantaggio. Si arriva al minuto 94, calcio d’angolo per il Giappone. Corner tirato non benissimo, la palla viene presa senza problemi dal gigante Courtois. A questo punto c’è un problema, per il Giappone: sette suoi uomini sono oltre l’area di rigore avversaria. Il che vuol dire che a difendere ne restano tre, più il portiere. Nei cartoni animati va bene lo stesso, qui no. Dopo pochi secondi il Belgio è già a centrocampo, palla al piede: cinque contro tre (appunto), più una marea di eredi di Holly e Benji nel tentativo disperato di recuperare la posizione. Non ci riescono: palla sulla destra per eliminare il primo difensore, cross rasoterra in area, velo di Lukaku e rete facile facile di Nacer Chadli. Eccessiva generosità del Giappone, diranno i commentatori. È vero: talvolta il cuore ci spinge a buttarci in avanti e la ragione ci chiede di fare due conti. Stavolta aveva ragione… la ragione. Ma è sempre così?
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