Essere figli d’arte nel calcio può essere troppo gravoso
Lo chiamano “El Turco”, ma solo perché di cognome fa Mohamed: in realtà è nato a Buenos Aires e le sue origini sono siriano-libanesi...
Lo chiamano “El Turco”, ma solo perché di cognome fa Mohamed: in realtà è nato a Buenos Aires e le sue origini sono siriano-libanesi. Ma in Argentina non stanno tanto a sottilizzare, quando c’è da affibbiare un soprannome. “El Turco” è stato un giocatore di buon livello: ha avuto un rapidissimo passaggio alla Fiorentina (senza giocare) all’inizio degli anni ’90, prima di tornare al Boca Juniors, e sia da calciatore che da allenatore ha sempre avuto la valigia in mano. Oggi è il tecnico dell’América, una dei principali club del Messico. Si arriva ai giorni nostri, con la partita contro il Monterrey subito in discesa, e al 91’ il risultato di 3-1 è più che rassicurante. È in quel momento che “El Turco” decide di fare qualcosa che può esporlo a critiche, ma che evidentemente ha già messo in conto. Richiama in panchina un suo calciatore e fa esordire suo figlio Shayr. Quello del papà-allenatore è un ruolo talvolta azzardato: Cesare Maldini che convoca il figlio Paolo in Nazionale non faceva nulla di strano, perché Paolo è stato uno dei migliori difensori di tutti i tempi; più di recente, invece, il figlio di Zidane non era affatto all’altezza del Real Madrid e alla fine ha cambiato aria, ma intanto il suo esordio con i “Galacticos” l’ha fatto, grazie all’allenatore-genitore.
È comunque una manciata di secondi quella che viene concessa a Shayr, mentre a proiettarsi in avanti è il Monterrey. Sarebbe bello partire in contropiede e poi chissà, tanto gli avversari sono sbilanciati in avanti. I telecronisti sudamericani fanno in tempo a sognare: “Speriamo che abbia anche solo la metà del talento di suo padre...”. Un attimo dopo, però, arriva la realtà. Al minuto 91 e 45 secondi il ragazzo, preso dalla foga di rubare la palla, rifila un brutto pestone a centrocampo. Il tempo di un sospiro dall’ingresso in campo e Shayr si vede già sventolare il cartellino rosso. Peraltro inutile, perché l’azione degli avversari non era affatto pericolosa e la partita era già chiusa. Il giorno dopo alcuni giornali tentano il paragone con Messi, espulso all’esordio con la maglia della nazionale argentina. Il parallelo sembra un tantino azzardato. Non basta avere il codino per essere accostati a Roberto Baggio. E non è sufficiente un padre fuoriclasse per dimostrarsi all’altezza. Ma una seconda occasione a Shayr non mancherà. Se eviterà di tranciare le gambe al primo avversario che gli capita a tiro, avrà chance maggiori di successo. Ma questo ormai lo sa già.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento