Desideri e aspirazioni realizzate quando il calcio era agli albori
Arrivava da Nottingham, come lo sceriffo di Robin Hood. Ma, invece di riscuotere le tasse, era più interessato a esportare il football. Nella sua Inghilterra era un calciatore da quattro soldi...
Arrivava da Nottingham, come lo sceriffo di Robin Hood. Ma, invece di riscuotere le tasse, era più interessato a esportare il football. Nella sua Inghilterra era un calciatore da quattro soldi. In Italia, dove l’arte di prendere a pedate un pallone era ancora agli inizi, avrebbe potuto dire il fatto suo. Una delle prime partite di Herbert Kilpin fu in Piemonte, dove venne schierato in una rappresentativa inglese contro una torinese. Scoprì subito la tattica degli italiani: non potendo sfoggiare una grande qualità del gioco, decisero di puntare sulla quantità. Ogni tanto qualcuno del pubblico entrava in campo, autoproclamandosi giocatore, e dava manforte ai suoi. Una sorta di tifo attivo, ben oltre i limiti del regolamento ufficiale, peraltro aperto a conflitti di interesse che facevano di Kilpin – e di molti altri – contemporaneamente atleti, dirigenti e arbitri. Pochi, ma sfegatati. «Prima di te, viene il calcio», avrebbe detto Herbert alla moglie, prima di sposarla, in un impeto di romanticismo. Detto, fatto: abbandonò il banchetto nuziale per andare a giocare una fondamentale partita a Genova, contro gli svizzeri del Grasshopers. Tornò col naso rotto, iniziando in un modo quantomeno inusuale la luna di miele. Oggi Kilpin non sarebbe un modello per i giovani anche per tanti altri motivi: il suo essere un fumatore accanito, per esempio. O la sua facilità nel cedere al whisky trovando facilmente un pretesto per farlo (festeggiare una vittoria, consolarsi per una sconfitta, ricaricarsi durante l’intervallo). Una disinvoltura che pagò a un prezzo molto alto, devastando il proprio fisico e morendo ad appena 46 anni. Bisogna essere però clementi con il passato, se non altro perché – presto o tardi – nel passato finiremo anche noi, e sarebbe bello essere giudicati non con severità, nonostante i nostri errori. Il bizzarro Herbert qualcosa di straordinario lo fece, nella sua lucida follia: lui, perito tessile, nel 1899 fondò il Milan Football and Cricket Club. Non era ricco, proveniva da una famiglia povera – nove fratelli – di un quartiere povero. Non era particolarmente istruito, né aveva un talento speciale: anche come calciatore, si trovava molto di meglio in giro. Eppure non aveva smesso di inseguire il proprio sogno, fino a riuscire ad acchiapparlo.
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