Ci vuole talento per sbagliare le cose più facili
Scusate se parlo di me. E di un esame dei miei cinque anni di Scienze religiose (no, non sono un prete) che non scorderò mai. Quello di Profeti...
Scusate se parlo di me. E di un esame dei miei cinque anni di Scienze religiose (no, non sono un prete) che non scorderò mai. Quello di Profeti. Il professore assomigliava, neanche troppo vagamente, a Santa Claus, ma fortunatamente non veniva mai vestito di rosso. E non meriterebbe neppure una descrizione così irrispettosa, visto le tonnellate di cultura accumulate in anni (secoli?) di studi. Era – ed è – bravissimo: prendeva un brano, descriveva il contesto, ci faceva entrare nelle sofferenze e nelle speranze del popolo d’Israele. Nonostante l’ora tarda – si finiva alle 22.30 di venerdì, auguri – e il suo incedere un poco soporifero, creava capolavori di lezione. Arrivò il giorno dell’esame. «Il prossimo», disse, e il prossimo ero io. Entrai, immaginando già possibili collegamenti e approfondimenti ancora prima che mi ponesse la prima domanda. A proposito, quale sarebbe stata? «Ce l’ha la Bibbia?». Questa era la prima domanda. E no, non ce l’avevo – e aveva pure detto di portarla, tipo un milione di volte! – ma forse una mi era rimasta nello zaino in corridoio o forse in auto o chissà. Della serie: come sbagliare la cosa più facile.
Libia-Sudafrica, qualificazione alla coppa d’Africa. I padroni di casa hanno l’occasione di fare lo sgambetto ai ben più quotati avversari. Niente da fare, non ci riusciranno. L’arbitro ha la possibilità di mostrare le proprie capacità di dirigere un match di livello: missione fallita anche per lui, con un rigore più che dubbio fischiato a favore della Libia. Ma poco importa, tranne che per i diretti interessati: c’è chi vince perché qualcuno perde, e una giornata no (anche due o tre) capita a tutti. Qualcuno dovrebbe invece chiedere a chi aveva la responsabilità di diffondere gli inni nazionali all’interno dello stadio perché abbia deciso di collegare gli altoparlanti dello stadio al proprio cellulare. Già, perché l’inno del Sudafrica si interrompe, riparte, poi si interrompe di nuovo, fino allo sconcertante suono tipico di chi ha appena ricevuto un messaggio su Whatsapp. Una notifica che risuona in tutto lo stadio, in un silenzio pieno di imbarazzo. Errare è umano. Ma per sbagliare proprio la cosa più facile ci vuole quasi talento. Cercate di non averlo.
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