Editoriale
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Educare al senso di responsabilità

Da quasi un anno ormai viviamo nella situazione di pandemia e, dopo aver dovuto sottostare a necessarie restrizioni, la voglia di tornare alla normalità è comprensibilmente grande, soprattutto nei giovani che in questi mesi hanno dovuto, volenti o nolenti, tenere a freno l’esuberanza tipica della loro età

Parole chiave: Rensposabilità (1), Editoriale (407), Alberto Margoni (64)

Da quasi un anno ormai viviamo nella situazione di pandemia e, dopo aver dovuto sottostare a necessarie restrizioni, la voglia di tornare alla normalità è comprensibilmente grande, soprattutto nei giovani che in questi mesi hanno dovuto, volenti o nolenti, tenere a freno l’esuberanza tipica della loro età. Tuttavia questo non deve attenuare il nostro senso di responsabilità. Infatti proprio ora che il peggio sembra passato, il programma vaccinale pare possa ingranare, negli spazi informativi il computo dei nuovi positivi e dei morti (che purtroppo sono ancora molti) è retrocesso nella gerarchia delle notizie e la maggior parte delle regioni sono in zona gialla, la cosa peggiore sarebbe pensare che tutto sia finito e si possa tornare a ciò che si faceva prima. Eppure sono convinto che proprio adesso che si intravvede non dico una luce, ma almeno un chiarore in fondo al tunnel, sia necessaria un’attenzione ancora maggiore, per evitare una regressione della situazione. Insomma, pensare di essere arrivati al “liberi tutti” sarebbe un grave errore.
Vallo a spiegare a quanti lo scorso fine settimana hanno preso d’assalto i centri storici e i locali per l’aperitivo… preso all’ora del tè. E poi si dice che noi italiani non ci sappiamo adattare. In realtà lo sappiamo fare benissimo! I bar possono rimanere aperti fino alle 18? E allora lo spritz lo si beve alle 17! Mi è capitato venerdì scorso di dover attraversare alcune vie e piazze del centro cittadino e ho notato che nei tavolini all’aperto allestiti dai numerosi locali non c’era un posto libero che fosse uno. E ovviamente davanti al calicione pieno dal bel colore arancio, tutti con la mascherina abbassata e in barba al metro di distanza. Sembrava gente proveniente da una maratona nel Sahara che non beveva da un mese! E il sottoscritto a interrogarsi sul senso di responsabilità di queste persone nei confronti propri e degli altri, a cominciare dai familiari che avrebbero incontrato rientrando a casa. E a chiedersi se vi sia ancora chi al giorno d’oggi, anche nei nostri ambienti, sappia educare al valore della rinuncia a qualcosa di non necessario in vista di un bene superiore o almeno per scongiurare un pericolo invisibile, ma che – lo abbiamo sperimentato – è dietro l’angolo.

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