Lessinia. L’altipiano isolato e in difficoltà reagisce così alla quarantena
Internet aiuta i collegamenti, l’altruismo rimedia a molti problemi. C'è chi vive nelle contrade più sperdute e con la solitudine: quella dell’essere a distanza da tutto e da tutti lo sperimenta ogni giorno dell’anno
La Lessinia non è mai stata tanto silenziosa. Adesso, forse, lo è fin troppo. Pure per gli stessi abitanti che all’isolamento, specialmente in un periodo come quello invernale, sono abituati. E per chi vive nelle contrade più sperdute e con la solitudine, quella dell’essere a distanza da tutto e da tutti, deve convivere ogni giorno dell’anno.
Paesi fantasma ma vivi di altruismo
Giorno feriale nella piazza di Roverè Veronese. Le uniche voci che si sentono sono quelle delle persone che, pazientemente, attendono il turno per entrare nella farmacia del paese. È tra i luoghi più frequentati in queste giornate di emergenza da Coronavirus, l’unico in cui la porta è aperta. Qui, alla forzata (ma necessaria) quarantena, rispondono col sorriso da dietro la mascherina il titolare e la figlia, insieme a presidiare uno degli ultimi baluardi di socialità. Lavorano protetti da una barriera di plexiglas trasparente, che non è comunque d’ostacolo a uno sguardo di vicinanza. Nessun tintinnio di tazzine da caffè riecheggia dai bar che danno sulla strada principale. Nessuno che si reca in municipio o in banca. Le automobili di passaggio sono pochissime; solo una si ferma, con tappa al distributore.
«Siamo tutti chiusi in casa e l’atmosfera è quasi spettrale», esordisce Alessandra Ravelli. Da primo cittadino elogia lo spirito di adattamento che gli abitanti del comune, in generale ligi nel rispettare le regole, stanno dimostrando. Una scelta compiuta dall’amministrazione comunale è stata attivare un canale Telegram attraverso cui diffondere informazioni corrette: «Dai dati diffusi dall’Ulss sull’andamento dell’epidemia nel Veronese e in Veneto alle attività attuate come i pasti a domicilio, la spesa grazie a volontari che si sono messi a disposizione, l’acquisto di medicinali. Questo per andare incontro alle necessità in modo particolare degli anziani che non hanno possibilità di muoversi ed è meglio rimangano a casa, poiché rappresentano la parte più debole della popolazione». Altre istruzioni riguardano le modalità di igiene e gestione dei rifiuti.
«Per qualsiasi dubbio, il cittadino può contattare il Comune in orario d’ufficio o noi amministratori», ricorda. In parallelo, proseguono i controlli sulle strade da parte delle forze dell’ordine per contenere gli spostamenti verso le seconde case, ora stoppati dall’ennesimo decreto, dopo l’esodo di massa che domenica 8 marzo ha invaso la montagna. Per fortuna l’emergenza ha messo in movimento la solidarietà: c’è chi si è reso disponibile per le consegne, alcune aziende hanno donato mascherine a chi ne era sprovvisto in attesa della distribuzione di quelle della Regione. La vitalità si misura da questi gesti.
«Questa situazione ci è piombata addosso in maniera inaspettata. Subito ha trovato impreparati i 98 sindaci dei Comuni della provincia nel capire come attivarsi. Ora siamo collegati da una chat e ci confrontiamo tutte le sere in video-conferenza», prosegue, descrivendo il rapido susseguirsi degli eventi e la coesione che ne è scaturita. «Siamo ancora lontani dal vedere la fine. Viviamo alla giornata – chiosa –. Dovremo far fronte a una crisi economica non indifferente, ma cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno. Questa è un’esperienza dura e forte, che potrà però darci un insegnamento utile su come far fronte a un’emergenza con le nostre forze. Per produrre a casa nostra quello che ci può servire. E per tornare ad apprezzare di più il made in Italy».
Fiori per chiedere aiuto alla Madonna
Sui gradini del monumento che, nella piazza di Bosco Chiesanuova, è dedicato a Maria Immacolata una mano gentile ha depositato un vaso di fiori che accennano con timidezza composta alla primavera. C’è una candela, a chiedere una miracolosa protezione da un nemico invisibile e insidioso, che fa sentire impotenti. Il piazzale circoscritto per un lato dalla chiesa, vuoto di voci e orfano di presenze, sembra ancora più grande. Come lo sconforto che ha avvolto la popolazione alla notizia dei primi contagiati, con il pensiero esteso al dramma che le famiglie coinvolte si trovano ad affrontare.
Raggiungiamo il sindaco, Claudio Melotti, mentre sul mezzo della protezione civile è impegnato nella consegna di mascherine alla sede della Piccola Fraternità della Lessinia. «In tanti anni che sono qui, non ho mai vissuto una situazione di questo tipo. Stringe il cuore nel vedere le vie deserte, i negozi con la serranda abbassata. Sembra di vivere in un paese in cui la gente è improvvisamente scomparsa», dice, appena sceso dal veicolo che più di tutti macina strada nei giorni in cui tutto appare immobile.
C’è preoccupazione tra le persone, non nega. Ma la scelta di attivare un canale Telegram a garanzia del costante aggiornamento sulle informazioni riguardanti il paese contribuisce a rasserenare gli animi e a creare coesione. Tra le azioni messe in campo elenca l’apertura del Coc, il Centro operativo comunale di protezione civile, al verificarsi del primo caso a Grezzana; la creazione di un numero a disposizione della cittadinanza per necessità come la consegna di medicine, in collaborazione con la farmacia, e viveri; la sanificazione della sede municipale, degli ambulatori e dei mezzi di trasporto di polizia municipale e carabinieri; la distribuzione dei moduli di auto-certificazione nei negozi di alimentari aperti; infine l’acquisto di un congruo numero di mascherine, alcune delle quali messe a disposizione da aziende locali. Dettagli di generosità, scaturiti spontaneamente nell’emergenza, che hanno trovato terreno fertile nella comunità.
E per quando arriverà il domani, quali sono le aspettative? «Sono un inguaribile ottimista e lo rimango pure adesso. Sono convinto che, rispettando le regole, usciremo da questa situazione. Poi bisognerà rimboccarsi le maniche, per l’ennesima volta. Ma l’Italia saprà uscirne alla grande. È vero che economicamente non eravamo al meglio nemmeno prima, ma le aziende del territorio non vedono l’ora di tornare al lavoro per ripartire. Per tornare a una normalità che ci sarà molto cara dopo che l’abbiamo persa a causa di questo maledetto virus», conclude.
Dal silenzio ai campanacci
Una manciata di chilometri e si raggiunge Erbezzo. Zona tranquilla di per sé, che si popola nei mesi estivi. Nella stagione invernale e quando le temperature si fanno primaverili, il fine settimana è in genere destinazione di passaggio per i veronesi e non che raggiungono pascoli e malghe. Tappa al negozio di alimentari, a reperire cibarie per il pranzo al sacco. Ritrovo nella piazza della parrocchiale, per attendere i ritardatari. Sarebbe così, la domenica. Non nella seconda settimana di quarantena dove il cielo grigio sottolinea l’assenza di tutto: di persone, di fedeli che vanno a Messa, di automobili in movimento.
«Preoccupazione e apprensione non mancano, avendo avuto un caso in paese. È una situazione che stiamo affrontando cercando di organizzare una rete sociale di solidarietà», spiega il sindaco Lucio Campedelli. Per chi ha necessità, spesa e farmaci vengono consegnati a domicilio in sinergia con le locali attività commerciali. «Importante è non lasciare solo nessuno. Fortunatamente nel nostro territorio esistono legami familiari forti che rispondono bene alle necessità primarie. I social network aiutano assieme alle telefonate. Per il resto, cerchiamo di fornire un’informazione corretta, anche con il confronto tra sindaci sia della provincia scaligera che dell’area lessinica. Siamo pronti, siamo preparati e continuiamo a ripetere ai cittadini della nostra piccola comunità che è fondamentale rimanere a casa», prosegue.
Difficile fare previsioni: «Viviamo alla giornata ascoltando i messaggi che arrivano dalla scienza, restando in contatto coi medici di base, assicurando costanza nella presenza. Tra Comuni stiamo discutendo su come organizzare la sanificazione dei luoghi pubblici, nel limite dei mezzi a disposizione. Qui la popolazione, vivendo in sperdute contrade, è abituata a solitudine e limitatezza dei rapporti. È più difficile per i giovani, che hanno dimostrato comunque molta volontà nel voler dare una mano, con proposte che superano le reali necessità». Segnale positivo che, come seme gettato nel terreno appena arato, si spera potrà continuare a germogliare. «È un’esperienza che, al di là dei problemi che abbiamo da affrontare nell’immediato, ci lascerà qualcosa di buono», annota Campedelli.
Un sottile filo rosso unisce paesi e contrade montane: il desiderio di ricominciare, pur nelle difficoltà. Mettendoci impegno, è possibile rompere il silenzio. Nei giorni scorsi da Erbezzo a Sant’Anna d’Alfaedo, da Roverè a Velo sono riecheggiati alla stessa ora i campanacci di #iorestoinstalla. Alternativa, in quota, al quel #iorestoacasa che tutti ci sforziamo quotidianamente di praticare. L’iniziativa, partita da un’allevatrice di Aosta, ha coinvolto molte famiglie di allevatori che in montagna cercano di far sopravvivere il loro antico mestiere e desiderano ringraziare gli operatori sanitari impegnati nel combattere l’epidemia. La resistenza al virus, in Lessinia, assume anche questa sfumatura.
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