Cultura vocazionale
Non ci sono più vocazioni! È la lamentela e la preoccupazione di tanti, confermata dai dati pubblicati pochi giorni fa dall’Ufficio centrale di Statistica della Chiesa che segnala, in particolare, un ulteriore calo del numero dei sacerdoti e la contrazione dei religiosi e religiose...
Non ci sono più vocazioni! È la lamentela e la preoccupazione di tanti, confermata dai dati pubblicati pochi giorni fa dall’Ufficio centrale di Statistica della Chiesa che segnala, in particolare, un ulteriore calo del numero dei sacerdoti e la contrazione dei religiosi e religiose. Non rientrano in queste statistiche i matrimoni, ma non serve un genio per capire la tendenza negativa pure di questo sacramento.
In questo clima il 21 aprile, quarta domenica di Pasqua, viviamo la 61ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Con una certezza, però: come scriveva già nel 2011 padre Amedeo Cencini in Non contano i numeri, la questione non è fare tabelle – con superficialità o paura – né inventarsi chissà cosa alla moda come pastorale vocazionale; ma “creare una cultura vocazionale”, intesa come mentalità, sensibilità e prassi.
Pure papa Francesco, nel Messaggio per questa Giornata, rimane ben lontano da fare calcoli, ma invita tutti “a considerare il dono prezioso della chiamata che il Signore rivolge a ciascuno di noi, suo popolo fedele in cammino, perché possiamo prendere parte al suo progetto d’amore e incarnare la bellezza del Vangelo nei diversi stati di vita”. Quindi offre alcune sottolineature significative. La prima è che “ascoltare la chiamata divina” e rispondere ad essa è il modo migliore di realizzare il proprio desiderio di felicità in quanto ci permette di mettere a frutto le nostre qualità e “diventare segno e strumento di amore, di accoglienza, di bellezza e di pace, nei contesti in cui viviamo”.
Secondo spunto: essere grati per “coloro che hanno abbracciato una chiamata che coinvolge tutta la loro vita” a cui rimangono fedeli con impegno quotidiano e spesso nascosto. Altro spazio importante nel testo è dato al riconoscere la Chiesa come “polifonia dei carismi e delle vocazioni” in cui tutti sono chiamati ad ascoltarsi reciprocamente e a camminare insieme, perché si possa “discernere a che cosa lo Spirito ci chiama per il bene di tutti”. Infine l’invito a “invocare dal Padre il dono di sante vocazioni per l’edificazione del suo Regno”, consapevoli che la preghiera ci apre ad essere Pellegrini di speranza, persone che hanno una meta, si concentrano sul passo presente e sono capaci di ricominciare sempre.
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