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C’è chi canta e c’è chi spara

Circa 200 miglia separano West Reading da Bethel Park, entrambi in Pennsylvania (Stati Uniti). Il primo è un Comune di poco più di 4mila abitanti, in cui è nata e cresciuta la 34enne Taylor Swift, la cantautrice e produttrice musicale che ha infiammato lo stadio di San Siro...

Parole chiave: Editoriale (404), Luca Passarini (97)
C’è chi canta e c’è chi spara

Circa 200 miglia separano West Reading da Bethel Park, entrambi in Pennsylvania (Stati Uniti). Il primo è un Comune di poco più di 4mila abitanti, in cui è nata e cresciuta la 34enne Taylor Swift, la cantautrice e produttrice musicale che ha infiammato lo stadio di San Siro con un doppio grande concerto – sabato e domenica scorsa – da tutto esaurito e cifre ardite (alcuni bagarini rivendevano on line i biglietti a 15mila euro!). Mentre lei cantava nella prima tappa milanese, da Bethel Park partiva per un viaggio di un’ora, il 20enne Thomas Matthew Crooks, deciso a compiere l’attentato a Donald Trump. Stesso Stato, qualche chilometro di distanza, pochi anni di differenza, ma le somiglianze si fermano qui. Pure perché secondo l’opinione degli analisti, Taylor Swift era considerata – almeno prima dell’attentato – l’unica speranza di vittoria per Biden, con il suo impegno politico e il peso dei 279 milioni di seguaci su Instagram, mentre il gesto di Crooks sembra spostare l’ago della bilancia decisamente verso Trump.
Sempre dalla Pennsylvania è Corey Comperatore, italo-americano ex capo dei vigili del fuoco di Buffalo Township, a metà strada tra la cittadina dell’assassino e il luogo dell’attentato. Alcuni lo hanno chiamato eroe, altri vittima collaterale. Qui però inizia lo spazio dei discorsi fatti e della propaganda, da cui mi voglio tenere alla larga. Faccio solo alcune considerazioni, cercando di stare in equilibrio in una situazione generale in cui si ride di ciò che è serio e si piange per il banale.
Certamente gli Stati Uniti hanno qualche problema con i servizi segreti e di sicurezza, ma pure lo hanno i poliziotti che non intervengono quando gli viene detto che c’è un uomo armato; forse sono un po’ in difficoltà o, semplicemente, sarebbero rimasti più stupiti se avessero avvisato che c’è qualcuno disarmato, soprattutto in una manifestazione repubblicana.
Trump si è comportato da “supereroe” e ha detto che è stato Dio a volerlo salvare: consapevole o meno, si è paragonato a San Giovanni Paolo II, visto che per entrambi sarebbe stata la mano divina a deviare la pallottola. Dall’altra parte, Biden ha davvero problemi di memoria se dice che tutto questo non fa parte della storia americana, dato che si contano quindici attentati contro presidenti e candidati alla presidenza. I toni si sono già alzati da molto, i buoi sono scappati, e se in Italia (almeno al momento) si sparano solo stupidate sui social o in Tv, in un Paese in cui le armi sono troppo diffuse, i rischi veri aumentano di molto.
Questo attentato, inoltre, va ad alimentare ulteriormente tutto un mondo di complottisti che, giusto per capire il livello, si appoggiano perfino sulle “prove” fornite da un cartone animato, come I Simpson: dopo una puntata in cui si immaginava in tempi non sospetti l’elezione a presidente di Donald Trump, ecco quella di un attentato a un comizio elettorale, che nel Regno Unito doveva andare in onda proprio nel giorno della sparatoria in Pennsylvania.
Nel frattempo, il candidato repubblicano ha presentato alla Convention a Milwaukee il suo vice in caso di vittoria: James David Vance. Il confronto più immediato è la scelta di mettere un giovane (40 anni il prossimo 2 agosto) contro l’anziano presidente, già ben oltre gli 81. Di lettura più attenta, il fatto di contrapporre al cattolico Biden, una persona arrivata alla Chiesa cattolica da adulta (battezzato nel 2019), ma che ha pure posizioni che poco hanno a che fare con essa, soprattutto per l’ambiguità sul tema dell’aborto e sulla proposta di deportazioni di massa di immigrati senza status legale, contro cui i Vescovi statunitensi hanno subito mostrato forte opposizione. Più raffinata ancora, per alcuni, la decisione di mettere al fianco di Trump, un politico che alla prima discesa in campo del miliardario si era dichiarato molto critico – arrivando a paragonarlo a Hitler –, salvo poi negli anni riconoscerlo come un grande presidente e l’unico in grado di salvare gli Stati Uniti, attraverso quello che viene chiamato “conservatorismo nazionale”.

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